
"Mai spegnere i riflettori sul dramma delle persone scomparse. È importante tenere viva la memoria della collettività e non demordere mai, anche a costo di combattere per far riaprire casi irrisolti". Adelaide Di Basilio dal 2008 presiede l’associazione Penelope dell’Umbria e in oltre dieci anni faccia a faccia con il dolore dei familiari e il vuoto lasciato da chi scompare nel nulla, sa bene quanto sia fondamentale non distogliere l’attenzione da quell’ "esercito" di persone svanite nel nulla, che soltanto nel ’Cuore verde d’Italia’ sono ben 210. E poi ci sono quei casi che, anche a distanza di un decennio, aprono a nuove verità. Come per quello di Barbara Corvi, la giovane mamma amerina di cui si sono perse le tracce nel 2009. Due giorni fa è scattato l’arresto del marito accusato di averla uccisa.
"È l’esempio manifesto di quanto stoni la dicitura allontanamento volontario a cui troppe volte si è invece fatto ricorso per giustificare una scomparsa. Ma chi decide volontariamente di cancellare ogni sua traccia rappresenta solo una minima parte della casistica. Come associazione abbiamo avuto nel tempo molti contatti con i familiari di Barbara e siamo sempre intervenuti – ad esempio nelle commemorazioni ufficiali – proprio per cercare di dare un segnale di vicinanza davanti a queste tragedie. Purtroppo quando non si ha un corpo su cui piangere, per il familiare diventa una ferita lacerante e si vive un tempo sospeso. La scomparsa di una persona cara è come un terremoto e sconquassa anche la vita del nucleo familiare".
La pandemia ha distolto l’attenzione sugli scomparsi?
"Non direi, almeno a livello regionale la task force è molto efficiente e le ultime persone che si erano allontanate sono state rintracciate dalle forze dell’ordine nel giro di poco, risolvendo subito i casi. Il fenomeno dell’allontanamento è trasversale e colpisce ogni fascia d’età e condizione sociale o culturale, poi ovviamente ci sono fasce più esposte a questo rischio".
Ad esempio?
"Le persone anziane afflitte da un deterioramento cognitivo. Possono allontanarsi senza più essere in grado di tornare o chiedere aiuto a qualcuno".
E voi vi siete impegnti anche su questa emergenza...
"Per questo, grazie ad un protocollo d’intesa con la Prefettura, nel 2019 è partito in Umbria un progetto pilota per dotare queste persone di geolocalizzatori con cui vengono monitorati 24 ore al giorno. In collaborazione con l’Usl Umbria 1 ne abbiamo distribuiti già una quindicina, ma il Covid, per ora, ha frenato le consegne".
Ci sono casi irrisolti su cui continuate a lavorare?
"Noi cerchiamo sempre di tenere viva l’attenzione su ogni persona di cui si sono perse le tracce. Come Fabrizio Catalano, scomparso da Assisi nel 2005 o la studentessa Sonia Marra, solo per citare i casi più conosciuti. Spesso poi è l’ostinazione dei familiari a vincere, ottenendo ad esempio la riapertura di un caso che era stato archiviato. Più passa il tempo e più le probabilità di ritrovare le persone si affievolisce, ecco perché avevamo chiesto – tra le tante battaglie portate avanti dall’associazione – di ottenere l’ausilio dei cani molecolari nelle ricerche". Valentina Scarponi