Un racconto personale, che si incrocia inevitabilmente alla vita sindacale lungo una carriera che lo ha portato fino ai vertici della Cgil dell’Umbria. Mario Bravi è attualmente segretario provinciale di Perugia dello Spi Cgil, ma è stato anche segretario regionale della Cgil, dal 2004 al 2010, e ha ricoperto anche diversi incarichi nelle categorie legate al mondo dela Camera del lavoro. Una lunga esperienza dunque, che lo ha portato ad essere un esperto conoscitore dell’Umbria più profonda, raccolta nel libro "Sempre dalla stessa parte". Il lavoro e si suoi problemi, innanzitutto, dall’angolo di osservazione, sicuramente privilegiato, della Cgil. oltre quarant’anni di sindacato
Mario Bravi, sempre dalla stessa parte. Quale parte?
"Se uno, come me, nasce figlio di un minatore, stare dalla parte di chi lavora è qualcosa di naturale. Se nasci figlio di un minatore, ovviamente hai meno possibilità. La mia è stata un’esperienza positiva, ma ancora oggi troppi giovani sono costretti ad emigrare e noi, presto o tardi, saremo costretti a creare un nuovo Museo dell’emigrazione. Il mio stare dalla parte di chi lavora è stata anche una scelta. I minatori avevano tra loro una grande solidarietà e una profonda voglia di riscatto".
Una lunga esperienza in Cgil, partendo da Nocera Umbra.
"Le periferie sono importanti, indicano le trasformazioni di una società. Mi avvicino a questo mondo dal liceo classico, dove inizio l’esperienza politica con il Pci di Berlinguer. Entro in Cgil nel 1979 e divento segretario della Camera del lavoro di Foligno nel 1983, a 27 anni. Era un periodo in cui si parlava poco di rinnovamento, ma si praticava".
Sindacato e politica, quali sono i rapporti?
"L’elemento di amarezza è che si è interrotto il rapporto della politica con la dimensione sociale. Un dialogo che andrebbe recuperato. La politica dovrebbe interessarsi di più al lavoro, anche quando non ci sono le elezioni. Il sindacato continua a fare il suo mestiere, mentre la politica non parla più di problemi e temi, di fronte ad un mondo del lavoro che negli anni è profondamente cambiato. Ecco che questa incomunicabilità provoca sempre di più astensionismo e disaffezione".
I momenti più belli e più brutti della vita sindacale?
"Tra i momenti positivi ricordo le conquiste per i lavoratori, come quando un’azienda di autotrasporti eugubina voleva letteralmente cacciare dalla fabbrica il sindacato. Il momento peggiore di un rappresentante dei lavoratori è quando ti misuri con le morti sul lavoro. Ho vissuto la tragedia di Umbria Olii, con il datore di lavoro che cercava di scaricare la colpa sui lavoratori. Di fronte a questa piaga c’è una tendenza a fare finta di niente che dobbiamo assolutamente interrompere".
Alessandro Orfei