
Una sede espositiva permanente, omaggio alla indimenticata e indimenticabile Beverly Pepper, l’artista americana pioniera del ferro che aveva scelto da tanti anni Todi quale ‘buen retiro’ e fucina per le sue creazioni. È stato inaugurato ieri dalla Fondazione Progetti Beverly Pepper, attraverso visite guidate gratuite, un ambiente che racchiude il suo ricco archivio artistico e personale, il suo ‘universo’, e che la svela non solo quale scultrice e Lan Artist ma anche abile disegnatrice e pittrice.
L’allestimento della Valle inferiore, a pochi metri dalla centrale Piazza, è stato pensato in continuità con il Parco omonimo, quel museo a cielo aperto di ben 16 sculture che l’artista fece in tempo a donare alla città di Jacopone e inaugurare nel 2019. Una tappa fondamentale per scoprire o approfondire la complessa ricerca artistica di Pepper, autentica testimonianza del suo primo incontro con la cultura e la società europea: fedele al concetto di mostra proprio dell’artista, vi sono esposti un ampio ‘corpus’ scultoreo e una selezione di disegni e pitture, anche inedite, antecedenti alla svolta plastica del 1960, quando al ritorno da un viaggio in Cambogia dichiarò di aver bisogno di "dimensione". Il pubblico viene accompagnato in un viaggio a ritroso nella carriera dell’artista, facendo luce sulla ricca sperimentazione di materiali e tecniche che Beverly- formatasi come grafica pubblicitaria e industriale, divenuta pittrice e infine riconosciuta come scultrice- ha praticato per tutta la sua vita, trascorsa tra America, Europa e Todi. Si va dalle pitture materiche a muro (Natura naturans) e dalle forme totemiche degli anni Ottanta, nate da combinazioni di utensili di lavoro erosi dall’azione creativa, ai bozzetti che comunicano con forme geometriche in acciaio inox fino ai lavori in pietra dei primi anni Duemila.
Nella seconda Sala due colonne di un portale in bronzo degli anni Ottanta sono sovrastate da una forma geometrica precaria e segnalano l’ ‘inizio’ e la ‘fine’: il primo è dato dai disegni trovati nel suo archivio e riordinati dalla Fondazione, tutti risalenti al ’58, con un linguaggio figurativo vicino al realismo sociale; la ‘fine’ è rappresentata dalle sculture degli anni 2008- 2014, da quelle "curvae" che, grazie al Cor-ten, attivano un processo endogeno di reazione al tempo che passa, mentre nelle loro spirali si legge lo slancio di chi non si arrende. "Si tratta di un allestimento suggestivo e associativo, più che cronologico – spiegano Arianna Bettarelli, curatrice, e Elisa Veschini, vicepresidente della Fondazione - per uso di colori e sviluppo delle forme, tale da rivelare una continuità poetica, nonostante i continui cambiamenti di linguaggio. Le prime produzioni grafiche dialogano con le più recenti, in un tutt’uno integro e unitario".
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