
"Il mio desiderio era quello di far avvicinare in modo semplice coloro che non la avessero ancora letta, alla Divina commedia". Parole di Luca Montanucci (nella foto) classe 1972, l’umbertidese che in questi giorni ha dato alle stampe una nuova originalissima versione dell’Inferno dantesco, ovvero la sua traduzione in dialetto umbertidese.
Dipendente comunale con varie passioni Montanucci è alla sua “opera prima“, che presenterà sabato prossimo alle 18 al chiostro di San Francesco. "Non sono uno scrittore - dice - né aspiro ad esserlo, solo mi hanno colpito le tante traduzioni di questo capolavoro e da qui l’idea di tradurla anche in dialetto umbertidese partendo dall’Inferno". Un’operazione che ha avuto il supporto di due professori, Sestilio Polimanti e Giuseppina Bisogni, i quali hanno accompagnato il “Dante umbertidese“ fino alla pubblicazione del libro. È noto che il Sommo Poeta conoscesse il dialetto dell’antica Fratta, città dove si fermò per qualche tempo durante le sue peregrinazioni, tanto da citarlo nel “De Vulgari Eloquentia“ (scritto tra il 1302 ed il 1305), considerandolo non particolarmente accattivante per le storpiature delle parole e l’irregolarità degli accenti. Un esempio di pessimo volgare diceva, in buona compagnia con del romanesco, lo spoletano, l’anconetano, il milanese e il bergamasco. Dante scelse alla fine il vernacolo fiorentino, considerato da allora l’origine della lingua italiana, ma dopo secoli il “frattigiano“ Luca Montanucci rende un po’ di giustizia alla vilipesa parlata umbertidese: l’Inferno dantesco (in attesa di Purgatorio e Paradiso) a Umbertide si leggerà in dialetto, con doppio godimento: per la bellezza immortale dell’opera e per l’amore per le proprie radici.
Pa.Ip.