
di Erika Pontini
Per i rivali di gruppi criminali diversi era pronta una lezione – "gli diamo fuoco, con calma" perché "per venti, trenta mila euro non si può ammazzare" – per le rapine era meglio utilizzare "un’ambulanza: puoi girare tranquillamente e accendi i lampeggianti" e guai a mettersi la mascherina durante i colpi "se la perdi trovano il dna". Se qualcosa fosse andato storto avevano le armi: "Se c’è qualcosa prepara il kalashnikov", dicevano. E lo hanno dimostrato a Civitanova Marche quando dinanzi alla reazione di una vittima hanno esploso un colpo, forse proprio dalla famigerata Glock descritta da un altro ’rapinando’.
Eccoli i sodali della banda dei finti agenti scoperti dall’indagine ’ Ostentazione’ dell’Arma sull’asse Toscana-Umbria che ha portato all’emissione di otto decreti di fermo (sei eseguiti) per una serie di furti, anche ai bancomat e per due delle rapine contestate alla batteria di finte forze dell’ordine che ha seminato il panico tra dicembre e gennaio: la prima è quella ai danni del concessionario di Montevarchi nell’Aretino per rubare l’Audi, la seconda del 9 gennaio sul Raccordo Perugia-Bettolle nei confronti di una coppia di medici, riusciti a sfuggire all’agguato grazie a tanto sangue freddo e una manovra repentina. Ma gli investigatori ritengono di avere indizi importanti sui colpi analoghi, al vaglio delle procure di Perugia e Ancona.
Ciò che emerge dalle indagini dei carabinieri di Siena - diretti dal maggiore Alberto Pinto – è la sovrapposizione tra la batteria e un clan familiare di ex giostrai, quello degli HudorovichLevakovich che ha messo radici tra Umbria (nell’Assisano), Marche, Toscana e Lazio e ha stretto un’alleanza con il gruppo viterbese degli Halilovich. Tutti accomuniti dalla passione per auto di grossa cilindrata, per i cavalli e gli abiti firmati e ostentati che hanno sostituito il vecchio vestire degli zingari. Come le case in affitto e gli alloggi popolari hanno soppiantato le classiche roulotte.
Si tratta di "un sodalizio criminale – scrive il pm Siro De Flaminneis – costituito da batterie criminali i cui componenti sono risultati interscambiabili tra loro a seconda della tipologia di reato pianificata". Dall’indagine emerge infatti che la famiglia – donne comprese – sia inserita nel contesto criminale visto che una delle principali indagate si fa chiamare come la ’Rosy Abate’ protagonista della fiction tv che narra le gesta di una giovane donna mafiosa. Era lei – hanno ricostruito i carabinieri – a organizzare, anche in barba al Covid, le feste dopo che i colpi erano andati a buon fine. Tanto in ’casa’ non c’erano segreti se gli investigatori hanno intercettato il gruppo che parla dei furti anche davanti a moglie, figli e genitori. "Semo nati operativi, devo andà a ruba per andà a ruba". In manette sono finiti Tony Hudorovich, 43 anni, alias "lo zio", ritenuto il bandito ’claudicante’ che ha materialmente messo a segno le rapine, e il cugino Fabio Hudorovich, detto ’Buda’ 32 anni che si è costituito sabato ai carabinieri di Assisi del tenente colonnello Marco Vetrulli. Scarcerato invece Giuseppe Hudorovich, detto ’Rigo’, all’esito dell’interrogatorio davanti al giudice Angela Avila. Arrestati anche Monica Halilovich, Elvis Levakovich e Maurizio Halilovic, detto ’Toma’. Le accuse, a vario titolo, sono per i furti messi a segno in abitazione e ai danni di bancomat: per guadagnarsi la fuga inoltre hanno più volte forzato i posti di blocco.
La storia degli HudorovichLevakovich (padre e madre che danno poi i cognomi ai figli) ha radici lontane. La scoperta che il gruppo avesse fatto il salto di qualità, traendo spunto da gruppi più organizzati, avviene nel 2016 quando i carabinieri di Assisi li incastrano per una brutta storia di pizzo chiesto agli agricoltori della zona per evitare che i terreni andassero in fumo e gli attrezzi danneggiati. Alcuni sodali rispuntano poco dopo nell’inchiesta sulle rapine alle sale scommesse del Perugino quando finì nei guai anche un investigatore privato.
"Hanno dimostrato di dominare il territorio di residenza e di poter contare su numerosi appoggi nel centro Italia, ai quali si rivolgono per concorrere nelle azioni criminali e ottenere supporto logistico (armi, cellulari dedicati e autovetture)", dice ancora il pm.