I “muri“ di un bambino autistico. Lettera-denuncia dei genitori

Mamma e papà scrivono alla scuola e all’Asl: "Non vogliamo colpevolizzare ma aiutare a far capire"

Istituzioni impreparate, spesso ostaggio di burocrazia e regole che funzionano solo sulla carta. È quello che denuncia una coppia di genitori, alle prese con l’esperienza scolastica del proprio figlio, portatore della sindrome di Asperger. Una denuncia che ha il sapore della testimonianza, con l’obiettivo non di colpevolizzare ma di aiutare le istituzioni da un lato e le altre famiglie dall’altro, dando un segnale a chi si trova a lavorare con i fragili. La questione è che spesso la scuola si trova a lavorare per schemi fissi, senza adeguarsi al bambino che ci si trova di fronte. Schemi che l’istituzione utilizzerebbe per ogni forma di disabilità, dimenticando le specificità. Succede così che al ragazzino con l’Asperger venga proposta la recita di Natale, o il concerto di fine anno scolastico, dimenticando le specificità di questa problematica e ovviando, in caso, su attività alternative. "Questo - dicono i genitori - significa che la scuola, spesso, non è inclusiva come sono invece i compagni di classe. Nostro figlio così perde di autostima, non si sente adeguato e lo sforzo della società di includere viene vanificato".

La storia del ragazzino è lunga, costellata di problematiche fino agli ultimi anni scolastici, in cui tre sono stati gli episodi che hanno spinto i genitori a prendere carta e penna e a scrivere alla scuola, all’Ufficio scolastico e alla Asl di competenza.

Il primo episodio è relativo ad una gita in una località limitrofa, al quale il bambino non era stato preparato come avrebbe dovuto. Davanti alla scuola, al momento della campanella, il giovane si è bloccato e non è riuscito ad entrare. L’insegnante di sostegno, alla richiesta, da parte del genitore, di scendere e di spiegare al bambino che cosa si sarebbe andati a fare, non lo avrebbe fatto dicendo di essere obbligata a rimanere con il gruppo classe. Di fronte a ciò, il ragazzino ha avuto una crisi e non è riuscito ad andare a scuola, a fare i compiti o a recarsi a fare sport nei giorni successivi. Il secondo episodio è omologo e riguarda l’ora di educazione fisica. In una occasione era prevista la presenza di un allenatore di una particolare disciplina, al quale il giovane non era preparato. Da qui una nuova crisi. "Il nostro – dicono i genitori – non è un atto di criminalizzazione ma una testimonianza, affinché le istituzioni scolastiche siano pronte a persone come nostro figlio, un bambino autistico ad alto funzionamento. La società deve abituarsi perché non è una malattia ed è sempre più comune".

Alessandro Orfei