I funerali in Ungheria "Alex è tornato a casa"

Il padre ha riportato in patria la salma del piccolo ucciso a coltellate e non ha voluto che pochissime persone al rito: "Il mio dolore cresce"

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"Non sono andato dove sua madre ha ucciso Alex. Non ce l’ho fatta. Mi girava la testa. È stato un viaggio molto difficile per me, ma dovevo assolutamente farlo. Dovevo anche a mio figlio un incontro con il magistrato per raccontare come stavano le cose". Norbert Juhàsz (nella foto a destra, col bimbo) è tornato in Ungheria riportando a casa suo figlio Alex in una piccola bara bianca. Ora tenta di tornare a quella che non si può più nemmeno definire la sua vita normale. "Sto peggiorando - ha detto - Il dolore aumenta ogni giorno".

Il 1 ottobre il in un casolare abbandonato a Città della Pieve, il bambino di appena due anni è stato ucciso da sette coltellate e poi è stato portato da sua madre Katalin Bradacs, già morto, in un vicino supermercato dove lo ha adagiato sul nastro trasportatore della cassa. E’ lei ad essere l’unica accusata di quel tremendo crimine, ed è in carcere fin dalle prime ore dopo l’arrivo degli inquirenti sul posto.

E mentre gli esperti della scientifica, nominati dalla Procura di Perugia, continuano il loro lavoro sui numerosi reperti trovati in quel casale dell’orrore a Po’Bandino la salma del piccolo è rientrata nel suo paese natale. Alex è stato sepolto nella più totale riservatezza, a Budapest, alla presenza del padre e di pochissime altre persone. Un momento mantenuto nel più assoluto segreto, di cui solo in queste ore è trapelata notizia. "No, mi dispiace, non intende parlare di questo", spiega l’avvocato Massimiliano Scaringella che assiste Norbert in Italia e che si occuperà di spiegare passo passo al padre, che parla solo ungherese, tutte le fasi delle indagini ora e più avanti dell’eventuale processo in cui si costituirà parte civile.

Eppure in patria l’uomo ha affidato alcune frasi alla giornalista ungherese che già nelle prime fasi della vicenda aveva aiutato noi de La Nazione a realizzare l’intervista con il padre della vittima. "In Italia - le frasi di Norbert - ho appreso che si parla di una possibile pianificazione del delitto da parte della madre. È terribile elaborare questo". A gravare sulla posizione della madre - che dal carcere tramite il suo legale Enrico Renzoni si è sempre dichiarata innocente - ci sono le decine e decine di “file”, tutti datati e con orari scanditi, inviati dal telefono della donna a vari destinatari e che raccontano agli investigatori gran parte del pomeriggio precedente il drammatico arrivo al supermercato.

E a quella lista si aggiungono le telefonate con il padre del bambino a cui Katalin disperata chiedeva: "Quindi, per 2-3 anni non lo vedrò…", riferendosi alla decisione di affidamento esclusivo al padre a cui lei si era opposta con la fuga in Italia, il 23 settembre, sottraendo il bambino al genitore affidatario. Ma all’altro capo dell’etere - a centinaia di chilometri di distanza - decine di immagini e video avevano già raccontato il lato più oscuro di questa vicenda: quello di un bimbo conteso che nessuno potrà più stringere tra le braccia. Sara Minciaroni