’Girandola’ di cooperative per frodare il fisco

Blitz della Finanza: sei imprenditori indagati e sequestri preventivi per tre milioni di euro. Le aziende operavano nel settore trasporti

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Emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture e documenti per operazioni inesistenti, indebita compensazione: sono le accuse delle quali devono rispondere in sei, finiti nella rete della Guardia di Finanza di Perugia: gli agenti hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo, per un valore pari ad oltre tre milioni di euro nei confronti di imprenditori e società operanti, sull’intero territorio nazionale, nel settore della logistica e trasporto di merci su strada. Le attività investigative prendono le mosse da una verifica fiscale, condotta dall’Agenzia delle Entrate di Perugia, nei confronti di un consorzio, avente sede nel cacapoluogo umbro, conclusa con la constatazione di una serie di violazioni di natura amministrativa e con la segnalazione di fattispecie di rilevanza penale.

E’ a questo punto che sono entrate in campo la Procura e le Fiamme Gialle. Gli agenti, coordinati dal procuratore generale, Raffaele Cantone, mediante l’analisi dei documenti contabili, l’esame dei file acquisiti presso i soggetti interessati e la puntuale ricostruzione dei flussi finanziari hanno portato alla luce l’esistenza di un sistema fraudolento in cui operatori commerciali, aventi sede nel capoluogo

umbro ed in altri comuni limitrofi ed operanti in franchising con corrieri di rilevanza nazionale, appaltavano i servizi di logistica e trasporto di merci ad un consorzio, privo di maestranze, che, a sua volta, subappaltava l’esecuzione a società aventi tutte le medesime caratteristiche.

"Le stesse erano tutte costituite con le forme giuridiche della società a responsabilità limitata semplificata o di cooperative – spiegano dalla Procura –, con vita media assai breve (due o tre

anni, al massimo), con bassissimo livello di capitalizzazione e prive di una benché minima struttura aziendale, rappresentate formalmente da soggetti nullatenenti, completamente sconosciuti al Fisco ed estranei alle dinamiche di gestione, ma con numerosi lavoratori dipendenti (autisti, facchini, magazzinieri)". Si trattava di vere e proprie società cartiere “apri e chiudi”, utilizzate come “serbatoi” di manodopera e costituite al solo fine di contabilizzare acquisti inesistenti per decine di milioni di euro e maturare fittizi crediti Iva, utilizzati, poi, in compensazione, per il pagamento degli oneri contributivi dei dipendenti. I contratti di appalto e subappalto stipulati dissimulavano, in realtà, vere e proprie somministrazioni di manodopera (illegali) o rapporti di lavoro dipendente tra i lavoratori e i committenti umbri, destinatari finali delle prestazioni di servizio ed effettivi beneficiari del sistema, potendo avvalersi di manodopera a basso costo e, soprattutto, di una straordinaria flessibilità del lavoro. "L’utilizzo di contratti di appalto “non genuini” – spiega ancora la Procura – haconsentito la detrazione dell’Iva, sull’intero importo fatturato, altrimenti (in caso di somministrazione o di rapporto di lavoro subordinato) non spettante".

Emergendo dalle attività investigative sufficienti indizi per poter configurare l’esistenza di un rapporto diretto di organizzazionedirezione tra i committenti e i dipendenti, le fatture emesse sono state ritenute “giuridicamente inesistenti”, in quanto riferibili ad ipotesi di intermediazione illegale di manodopera e non, invece, a contratti di appaltosubappalto. Il gip del Tribunale di Perugia ha accolto la richiesta del pubblico inistero, disponendo il sequestro preventivo, anche in forma equivalente, di disponibilità finanziarie, beni mobili ed immobili, partecipazioni societarie, riconducibili direttamente ai soggetti indagati ed alle società interessate, per un importo complessivo di 3 milioni e 372mila euro pari all’illecito profitto derivante dalla frode perpetrata negli anni dal 2017 al 2019.