REDAZIONE UMBRIA

"Giovani, droga e alcol: abuso preoccupante"

Il colonnello Giovanni Fabi lascia il comando provinciale di Perugia dopo tre anni: "Il centro storico? Deve restare sorvegliato"

Lo spettro dell’abuso di droghe e alcol da parte dei giovani, il centro che deve restare ‘sorvegliato speciale’ per non ripiombare in quel ‘disordine’ degli anni scorsi, l’"auspicio" che Fontivegge esca dal tunnel del degrado e l’ombra degli appetiti delle mafie sul "fragile tessuto economico umbro, ferito dal Covid". A tre anni dal suo arrivo il comandante provinciale dei carabinieri di Perugia, il colonnello Giovanni Fabi, un passato tra Perugia, Napoli e Roma al Ros, lascia la città per un incarico alla Dia di Roma e traccia un bilancio della situazione.

A Terni due ragazzini morti per l’assunzione di metadone, a Perugia l’abuso di shottini da parte di minorenni, a Bastia un ragazzo morto dopo una nottata di alcol e violenza. E’ il male di questa regione?

"E’ sicuramente uno degli aspetti più critici che incide fortemente sulla qualità della vita collettiva: a corredo si registrano reati predatori - perché gli stupefacenti costano - ma anche risse e violenze. L’età dei ragazzi si sta abbassando e, solitamente, alle droghe si associano sostanze alcoliche, facilmente reperibili anche in casa o al supermercato, oppure medicinali".

Tipo?

"Farmaci di largo consumo come ansiolitici o benzodiazepine che, assunte insieme all’alcol, producono effetti stupefacenti intensi e dannosissimi".

Droghe fai-da-te?

"Spesso è il primo step. Un aspetto su cui devono imparare a vigilare anche le famiglie. Il secondo passo è il ricorso a droghe sintetiche, economiche, diffusissime e velenose".

Cosa si può fare?

"E’ ovvio che ci sarebbe bisogno - peraltro devo dire che in Umbria funziona bene - non solo un’azione sinergica delle forze di polizia ma anche di una corrispondenza con l’autorità giudiziaria per evitare che venga banalizzato lo sforzo per cercare di arginare il fenomeno. Dove la legislazione è più severa la droga viene consumata meno. Ma il problema è anche di approccio culturale. C’è il rischio che si parli di consumo in termini non corretti: anche la divulgazione di una corretta informazione che passi dalle scuole e dalle famiglie è importantissima".

Qual’è il quartiere più a rischio-criminalità: il centro storico o la zona della stazione?

"Attualmente il centro non sta destando particolari criticità se non episodi sporadici perché la zona è sempre stata sufficientemente vigilata, ricordo che un pò di anni fa l’acropoli ha attraversato momenti in cui regnava il disordine: spaccate, scippi, presenze ingombranti di spacciatori. Il centro resta un’area da tenere sotto controllo. Il recupero di Fontivegge è però auspicabile. C’è un progetto interessantissimo di recupero che sicuramente porterà al miglioramento complessivo. Adesso il quartiere è appannaggio di gente che vive nel degrado, ai margini della società con comportamenti fortemente condizionati dall’utilizzo di alcol e droghe. Si litiga anche per un pagliericcio dove dormire: in quelle condizioni non si misura l’intensità della lite. Per questo si registrano epidosi violenti, difficili spesso da arginare anche con l’intervento delle forze di polizia, oggetto di reazioni violentissime.

Le infiltrazioni mafiose. Con la ricostruzione e la crisi economica quanto è pericoloso che il tentativo vada in porto?

"C’è una vulnerabilità molto maggiore in questo momento. L’Umbria è sempre stata territorio di reimpiego di proventi di capitali illeciti. Ci sono indagini che l’hanno dimostrato, soprattutto il tentativo di prendere il controllo di attività in difficoltà. Come si riescono a comprendere in tempo i segnali?

"Un controllo del territorio capillare e antenne per recepire segnali come i cambi di gestione delle attività, la provenienza geografica, collegamenti e frequentazioni ma anche la sovibilità bancaria. Ci sono un’infinità di spie che possono consentirci di avere un quadro informativo per l’avvio di approfondimenti investigativi".

Che situazione lascia?

"La provincia è migliorata. Penso agli anni 2010, 2011 quando si sono registrati fatti di sangue, anche cruenti. Lascio questa terra con il condizionamento della pandemia che ha prodotto ferite importanti. Mi sembra che l’Umbria si stia riprendendo e ho notato una grande vivacità turistica. Spero non ci sia necessità di ulteriori chiusure".

Rimpianti?

"Il servizio mi porta di nuovo lontano. Lascio qui un pezzo di cuore, amici e affetti. E, come ha detto il generale Massimiliano Della Gala un tessuto istituzionale ideale per la condivisione di obiettivi importanti".

Erika Pontini