Don Pietro, il prete-eroe nell’inferno dei lager

Aiutò i partigiani e fu deportato insieme ad altre decine di ragazzi: partirono in 30, tornarono in nove. In Umbria continuò a fare del bene

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di Alessandro Orfei

La giornata della memoria riporta, ovviamente, il pensiero alle tante storie di sommersi e salvati, di chi è stato deportato e di chi, tra questi, è riuscito a scappare dalla prigionia. Uno di questi è don Pietro Arcangeli (nel tondo), sacerdote eroe spentosi nel 1995 ma che Foligno ricorda ancora con tanto affetto. Un aereo da ricognizione tedesco, infatti, lo fotografò mentre parlava con alcuni partigiani e il 3 febbraio 1944 anche lui fu deportato insieme ad altre decine di ragazzi. Partirono in 30, riuscirono a tornare solo in nove. Viene catturato a Scopoli. All’arrivo dei Tedeschi, lui si trovava nella vicina frazione di Cifo, per celebrare una solennità religiosa. Avvisato di quanto sta accadendo corre immediatamente indietro, ma al suo arrivo viene subito bloccato e concentrato in piazza insieme agli altri. Viene trasferito nel carcere di Perugia ed è l’unico ad essere sottoposto a processo da parte del Tribunale militare tedesco di stanza a Perugia, che lo condanna a quattro anni di detenzione. Segue perciò un iter di deportazione diverso dagli altri. Al suo rientro, la missione di don Pietro fu quella di aiutare la sua città e il prossimo in ogni modo. Fu parroco a Foligno dal 1942 al 1944 nelle parrocchie di Casale, Cupoli, Cancelli, Cascito, Civitella, Vallupo e Leggiana. A Foligno fondò l’associazione italiana donatori di organi. Si deve a lui il restauro della Cappellina di Cancelli, dove vennero incisi i nomi dei folignati che, come lui, avevano vissuto la deportazione. Ha raccontato la sua esperienza nel 1984 nel libro di memorie "Un prete galeotto". Coordinò la caritas di Foligno e a lui venne dedicata anche una via dalla giunta Mismetti. La zona è quella di Santo Pietro, con il tratto tra via Papa Giovanni Paolo II e via Grumelli. Per ricordare don Pietro Arcangeli, l’Aned Umbria e il Comune di Foligno hanno anche voluto affiggere una targa sulla casa natia, a Leggiana. Si tratta di una pietra che ha ricordato, in occasione del sessantaquattresimo anniversario dalla deportazione, tutta l’opera che il parroco ha svolto. Prima a fianco dei partigiani e dei civili delle zone montane circostanti (quando era parroco a Casale) e poi reduce dai campi di concentramento, proponendo azioni perché la memoria di quei tragici fatti di guerra, non svanisse. È stato infatti il promotore dell’ampliamento della cappella votiva di cancelli dedicata ai deportati. Morì nel 1995 all’età di 78 anni.