Davide, l’Albania indaga per rapimento

Dalla documentazione della procura di Puke emergono nuovi elementi: ecco le ossa ritrovate. Già a gennaio sentiti 13 testimoni

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di Fabrizio Paladino

Sequestro di persona e incendio doloso: sono le nuove ipotesi di reato avanzate dalla procura albanese sul caso dell’imprenditore Davide Pecorelli. Ma non solo. Una raffica di testimoni sono stati già sentiti in Albania, poi tra le novità il dettaglio delle ossa ritrovate all’interno dell’auto incendiata, il materiale sequestrato, le prime intercettazioni telefoniche e l’impossibilità di effettuare la comparazione del Dna, esame ora avviato in Italia. Questo emerge dalla documentazione ufficiale inviata in Italia a febbraio dalla Procura di primo grado della giustizia di Puke, l’area dove è stata ritrovata completamente distrutta dalle fiamme, nel tardo pomeriggio del 6 gennaio scorso, la Skoda Fabia noleggiata dall’imprenditore sangiustinese.

Nell’informativa – di cui ’La Nazione’ ha potuto prendere visione – gli inquirenti albanesi chiedono "aiuto giuridico" alla Procura di Roma (normalmente titolare in caso di omicidio commesso all’estero di un cittadino italiano, ndr), ipotizzando appunto i reati di sequestro di persona e incendio doloso. Parallelamente la procura di Perugia ha aperto un fascicolo per omicidio e traffico di droga. Nella relazione inviata il 9 febbraio agli investigatori italiani, emergono nuovi e inquietanti particolari, anche sulle eventuali frequentazioni dell’imprenditore sangiustinese in Albania da settembre dello scorso anno fino a gennaio. Intanto viene specificato che l’auto noleggiata il 3 gennaio all’aeroporto di Tirana dal 45enne è stata ritrovata alle 18,25 del 6 gennaio lungo la strada Gjegjan-Mirdite, a una trentina di chilometri da Puke, nel nord dell’Albania.

Quanto alle ossa: al medico legale albanese risulta che sono state trovate a terra sul lato guidatore in ordine sparso: resti di arti superiori con arti inferiori, residui di costole. Più evidenti sono le ossa del cranio, posizionate sempre a terra sotto il volante. Il telefono, solo parzialmente danneggiato, si trovava sopra il sedile, lato passeggero. In seguito al ritrovamento gli investigatori del commissariato avevano perquisito la stanza 204 dell’Hotel di Puke, occupata dal 45enne nel suo breve e ancora misterioso soggiorno trovando una borsa verde con un paio di chiavi, una carta telefonica di una compagnia albanese e alcuni documenti sparpagliati sul letto. Sul comodino tre confezioni di shampo.

Già il 7 gennaio la polizia inizia a sentire numerose persone informate dei fatti tutti originari dell’Albania: anche chi lavora all’interno dell’hotel. Agli atti risultano i nomi di soggetti residenti tra Durazzo, Tirana, Scutari e un’altra piccola località vicino Puke. Sono 13 i testimoni che avevano avuto rapporti ancora comunque non meglio specificati con Pecorelli. Nei giorni immediatamente successivi, come è noto, la polizia aveva raccolto anche le dichiarazioni della compagna di Davide, pure lei albanese, che era volata in Albania per partecipare in prima persona alle ricerche.

Alla luce di questi primi riscontri, la procura di Puke decide che esistono elementi per avviare un’indagine, nominando un medico legale, un esperto pirotecnico e avviando pure intercettazioni telefoniche.

Secondo un esame sulle ossa trovate, si è stabilito "che sono di origine umana e appartenenti a un uomo tra i 40 e i 50 anni". Peraltro nell’informativa si specifica che, per quanto riguarda il profilo genetico, il 27 gennaio non è stato possibile fare l’esame con le ossa ritrovate". Per questo motivo "i campioni sono stati inviati a Roma per estrarre il dna e compararlo con quello dei figli". Accertamento in corso alla polizia scientifica di Roma.