Daspo con licenza di pescare: il Tar dice sì

Il Tribunale amministrativo conferma: il destinatario non poteva tornare a Passignano ma gli era consentito uscire in barca

Il divieto di rientro a Passignano valeva solo via terra, in acqua poteva pescare anche con il Daspo. A tre anni dal fattaccio il Tar ha deciso: il provvedimento era valido. Era stato colpito da un obbligo di allontanamento da Passignano il pescatore protagonista a luglio del 2019 di una violenta lite con due persone mentre stava pescando. Ecco la storia: sul posto arrivarono i carabinieri che appurati i precedenti di polizia del pescatore chiesero e ottennero l’emissione del Daspo urbano da parte del Questore. Un provvedimento che tenne conto però delle esigenze di pesca dell’uomo, che venne autorizzato dalla Questura a poter andare a pesca. La decisione di Ministero e Questura vietava in sostanza "di fare ritorno nel Comune di Passignano ad eccezione delle sole acque lacustri ricadenti nel territorio del predetto Comune, nelle quali lo stesso è autorizzato a pescare, per la durata di anni 3 (tre) senza la preventiva autorizzazione di questo Ufficio".

L’uomo si era difeso con un primo ricorso al Tar sostenendo di "essere vittima, insieme alla sua compagna, di continui soprusi e minacce" da parte dei signori con i quali aveva litigato e che "i pregiudizi di polizia attribuitigli" erano riferibili a "circostanze di carattere familiare e lavorativo che richiedevano la sua frequente presenza nel territorio del Comune" in oggetto. I giudici amministrativi hanno ritenuto che "in tema di misure di prevenzione, l’ordine di rimpatrio con foglio di via obbligatorio si caratterizza per la duplice intimazione di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel Comune oggetto dell’ordine di allontanamento", configurandosi tali prescrizioni come "condizioni imprescindibili e inscindibili per la legittima emissione del foglio di via". Mancando una delle due, in questo caso "quella relativa all’ordine di rientro nel luogo di residenza", si determina "l’illegittimità del suddetto provvedimento per difformità dal modello legale tipico dell’ordine di polizia".

Ne era così conseguito l’annullamento del foglio di via e la concessione della libera pesca per il ricorrente. Ora cambia tutto, la sentenza è stata ribaltata. Il Ministero dell’Interno ha presentato ricorso in appello rilevando che l’omissione dell’ammonimento di "fare rientro" nel Comune di residenza è da ricollegare alla circostanza che il dispositivo è stato emesso in tempi diversi dai fatti che hanno dato origine al provvedimento, tanto che la notifica dello stesso è avvenuta all’interessato nel Comune di sua residenza. Ne segue – nella tesi dell’appellante - che trovandosi l’interessato già nel comune di residenza, ammonirlo a "farvi rientro" non avrebbe avuto alcun significato, se non quello di un vuoto e ridondante (quindi inutile) formalismo. Tesi accolta: il Daspo era legittimo.