REDAZIONE UMBRIA

Ciaramicola, il sapore della tradizione

L’Accademia Italiana della Cucina ha celebrato la storia del dolce perugino. Gara tra i forni della città

Ecco un dolce che riesce a rappresentare la storia di una città e dunque costumi, modi di vivere, consuetudini, atteggiamenti. La ciaramicola fa tutto questo e sbaglia chi la considera solo la conclusione gloriosa di un pranzo legato soprattutto alla Pasqua. Non a caso l’Accademia italiana della cucina delegazione perugina guidata da Massimo Moscatelli con serenità di risultati ha dedicato un incontro di gastronomia raffinata e di cultura, al Plaza, proprio a questa golosità dalle origini antiche. Una vicenda lunga, ricostruita con sapienza da Marilena Moretti Badolato, punta di diamante del centro studi territoriale. Il torcolo di san Costanzo è un’emozione, la ciaramicola ora e sempre diventa un sentimento, legato ai secoli, pronto a rappresentare quel che eravamo, siamo e saremo. Di documentazione diretta, sottolinea la studiosa, poca ne esiste se non nulla. E la ricerca si affida una ricostruzione ancora non giunta al termine.

Il nome. Deriva da ‘chiara’ clarus latino, ossia il bianco della perfezione e ‘’mica’ indicante la parte solida codificata nel 1612 dalla Crusca ma termine già apparso in Boccaccio, in Gian Galeazzo Visconti fugace signore di Perugia sul far del ‘400.

Marilena Moretti ha rammentato come nelle tavole trecentesche, a Siena soprattutto, comparissero dolci di marzapane ricoperti di meringa. Albume, zucchero, una schiuma densa e rappresa in forno per decorare con trine fantasiose la parte superiore. L’anno sicuro di nascita della ciaramicola non esiste però si perde nella notte del tempo. La forma rotonda è simbolica, esprime continuità, non fine né principio. Come il torcolo, più povero ma ugualmente pieno di significati. Ingredienti noti, come l’alchermes per donare il rosso. Veniva offerta dalla famiglia della sposa al momento della stima della dote per suggellare gli sponsali imminenti. Ma già a gennaio il fidanzato era uso donare alla donna il torcolo, anche questo preghiera muta e saporita. Come dire, dimmi di sì. E di rimando: certo. La ciaramicola odierna ha decori molteplici, i confettini, la codetta. Si dice che siano i colori dei rioni. Ma non era così. E si vedono anche forme diverse dalla canonica, rettangolari magari. Orrore per i puristi. La presentazione avvincente riguarda la forma di croce centrale: il segno mistico serve pure a formare un’ondulazione di cinque collinette, come cinque sono i tagli del torcolo.

Serata all’insegna del gusto e dell’eleganza alla presenza del sindaco Romizi, del presidente regionale della Camera di Commercio Mencaroni e del nuovo segretario Sisti. Cinque forni in gara, il più votato è stato Faffa di Ponte Valleceppi, in vita dal 1851, a giudizio dei presenti, intenditori provetti.

Mimmo Coletti