La chirurga che operava le bambole. Burattini: «Io di figli ne ho 14mila»

Il convegno «Storie di successo» con Spagnoli e Pagliuca

Maria Federica Burattini, accanto il tavolo con Nicoletta Spagnoli e Angela Pagliuca

Maria Federica Burattini, accanto il tavolo con Nicoletta Spagnoli e Angela Pagliuca

Perugia, 5 marzo 2017 - «QUANDO mi chiedono se ho dei figli rispondo di sì. Ne ho 13 o 14 mila. Sono tutti quelli che ho operato. Quando i genitori me li affidano diventano anche figli miei. La soddisfazione più grande non sono i titoli, non è la carriera è il sorriso di un paziente. Sono i bambini che incontro al supermercato che mi corrono incontro». La bambina che operava le bambole, persuasa che solo un chirurgo potesse salvarle, oggi ha 65 anni, 40 trascorsi in sala operatoria. Maria Federica Burattini perugina, professore associato in prima linea nella chirurgia generale e, negli ultimi venti, in quella pediatrica, in particolare. Non è mamma, almeno sulla carta «perchè non mi sono venuti, non li ho cercati ma non avrei permesso che mio figlio chiamasse mamma la baby-sitter. Se l’avessi avuto gli avrei dedicato del tempo».

LA SUA è una delle «Storie di successo» raccontate nell’ambito del convegno «Donne di ieri e di oggi» organizzato dalla Prefettura insieme a Regione, Provincia e Comune. Una vita vissuta e raccontata con il cuore, tanto da commuovere quanti sono venuti a ascoltarla alla Sala dei Notari.

Con lei altre due donne che ce l’hanno fatta: l’imprenditrice Luisa Spagnoli che ha parlato dell’eredità della bisnonna Luisa e il prefetto di Terni, Angela Pagliuca, una vita al servizio della collettività.

«COM’È la vita di un chirurgo? Piena di sacrifici, rinunce, ansie, dubbi ma anche piena di emozioni e di infinite soddisfazioni. Diventa un’impresa andare dal parrucchiere, non so cosa sia una palestra. Fare il chirurgo significa uscire alle 7 e tornare alle 21 ma senza avere una mogliettina che ti prepara la cena. Fare la lavatrice a mezzanotte, dire sempre di no a tuo marito». Ma a lei, giovane medico in un mondo di uomini la ‘carriera’ non è stata ostacolata: «Io ero determinata ma non ho trovato difficoltà da parte dei miei colleghi». Sì, serve determinazione e «cuore». Un grande chirurgo 500 anni – ha ricordato la professoressa – disse che per fare questo lavoro serve «la vista di un falco, il cuore da leone e le mani di una donna». «Le mani che siano di donna o di uomo servono per rispettare l’anatomia di un corpo, fatta dal Padreterno e quindi perfetta – aggiunge Burattini – . Non serve il cuore di un leone ma serve il cuore perchè quando un paziente è addormentato in sala è indifeso, completamente nelle nostre mani». Anche se «i bambini non li salva il chirurgo ma il Padreterno. Noi gli diamo una mano».

EPPURE la medicina, una volta, l’ha tradita. «In un anno ho perso mio padre e mio marito, morti entrambi per una patologia chirurgica che io stessa avevo operato tante volte con successo. Non sono riuscita a salvare i due uomini più importanti della mia vita. La chirurgia mi ha tradito». Ma ancora oggi Burattini ‘insegna’ che della chirurgia «bisogna essere innamorati», proprio come lei. «Se rinascessi rifarei esattamente quello che ho fatto».