GIOVANNI LANDI
Cronaca

Calvieri: "I miei settant’anni da avvocato"

Tutte le mattine con le sue 93 primavere sulle spalle, Giovambattista si presenta puntuale nello studio di famiglia tra carte e fascicoli

di Giovanni Landi

Giovambattista Calvieri è nel suo studio tutte le mattine, fra carte, documenti e fascicoli. Un’abitudine normale quando si fa l’avvocato, meno quando si hanno, come lui, novantasei anni. Fondatore dell’omonimo studio legale, tre generazioni di professionisti, Calvieri è ormai il decano del Foro perugino, nonché un instancabile lavoratore e un galantuomo d’altri tempi. Elegante, cortese, ironico, sorveglia con discrezione i familiari e gli associati che portano avanti l’attività di via Bartolo, oggi retta dal professor Carlo. Qui lavorano come avvocati anche altri due figli, Maria Novella e Gianluca, e i nipoti Gabriele e Giacomo.

"Sono calabrese come nascita e umbro come vita", spiega il patriarca, che è nato a Curinga, Catanzaro, nel 1926. Ma anche un po’ romano, visto che si è laureato alla Sapienza settant’anni fa. I suoi docenti erano i grandi giuristi Carnelutti e Arangio Ruiz, sempre in competizione fra loro, mentre un grande amico fu Cesare Ruperto.

Perché Perugia?

"Mia suocera era perugina, sorella del ginecologo Giovanni Minniti. Io e mia moglie ci sposammo qui e scegliemmo di rimanerci, anche per affidarci alle cure dello zio. Mia figlia Giovanna è ginecologa e si chiama come lui".

Quindi la carriera nel diritto. Prima con Zaganelli, poi con Montesperelli, infine in proprio. "Quando comprai lo studio di via Bartolo era un’abitazione. Un concorrente voleva sfilarmelo e dovetti offrire due milioni di lire in più".

In questi decenni, ovviamente, è cambiato tutto.

"A Perugia eravamo duecento avvocati, oggi siamo in duemila. C’era un grande rapporto umano, ricordo ancora le partite di calcio fra colleghi".

E il lavoro?

"Le preture territoriali filtravano le cause. Il resto erano macchine da scrivere Olivetti e fogli copiativi. Vivevamo fra le carte". La cosa più difficile?

"Le esecuzioni. Una volta un ufficiale mi pregò di accompagnarlo in un paesino perché aveva paura. Il giorno dopo mi chiese di testimoniare per lui: per sbaglio aveva pignorato il suo ombrello!".

L’ultima firma di Giovambattista risale al 7 dicembre scorso, per una famiglia di cui ha assistito, nel tempo, padre, figli e nipoti.

"Ma continuo a venire tutti i giorni, c’è sempre qualche pratica aperta. Ora ad esempio mi hanno assegnato dei diritti su una causa. Poi vedere i miei cari al lavoro è una gioia per gli occhi".

Consigli agli eredi?

"Non ne hanno bisogno, sono loro che li danno a me. Ma una cosa mi piace dirla: la rabbia è cattiva consigliera. Quando siete troppo arrabbiati, rideteci sopra!".