Bomba esplosa, "nove a giudizio"

L’ordigno provocò lesioni permanenti a un’operaia interinale di 23 anni al lavoro a Baiano di Spoleto

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di Erika Pontini

Una bomba a mano le devastò il volto e le fece perdere la vista all’antivigilia di Natale di 5 anni fa. Melissa, folignate, 23 anni appena, lavoratrice precaria, la stava assemblando all’interno dello stabilimento militare di Baiano di Spoleto. E adesso la procura della Repubblica, diretta da Alessandro Cannevale, ha chiesto il rinvio a giudizio di nove persone tra direttori, progettisti e addetti che avrebbero violato le norme di prevenzione sugli infortuni sul lavoro causando lesioni personali gravissime alla giovane operaia.

In particolare secondo l’accusa ognuno degli imputati sapeva delle altrui omissioni. E, pur avendo previsto il possibile innesco accidentale durante l’assemblaggio – è la ricostruzione della procura – insegnarono sommariamente agli operai manovre di emergenza, ovvero, nel caso di innesco accidentale a scagliare a bomba lontano da sè, al di là del pannello di lavorazione per poi ripararsi prima della deflagrazione. Come se non potesse accadere che il lavoratore non si accorgesse dell’innesco accidentale. Come accadde.

L’udienza davanti al gip è stata fissata per domani. In particolare sono imputati il direttore dello stabilimento Gioacchino Paolucci, il responsabile della Prevenzione, Silvestro Campana, il progettista delle postazioni, Fabio Pantaleoni, il capo reparto Manfredi Proietti, il dirigente della sicurezza Michele Passeri, il capo servizio Fabio Cherubini, il caposettore Fabrizio Rossi e gli addetti al collaudo Luigi Mancini e Antonella Rosati. Gli imputati, a vario titolo, sono accusati di non aver progettato le postazioni di lavoro in modo da inserire protezione balistiche proporzionate e dispositivi di insonorizzazione della cabina e una formazione specifica che consentisse di riconoscere l’eventuale innesco, di aver assunto personale interinale non qualificato e di aver fatto svolgere processi di lavorazione su materiale pericoloso senza controlli nemmeno sulla forza minima necessaria per l’attivazione del pulsante per togliere la sicurezza. Alcuni devono rispondere anche di istigazione a disubbidire alle leggi per aver rimosso impianti e apparecchi destinati a prevenire gli infortuni nello stabilimento militare dell’Esercito modificando caratteristiche e processi produttivi dell’ordigno sia le procedure di collaudo. Melissa è assistita dagli avvocati Gennaro e Daria Esibizione che si costituiranno parte civile.