
Pasquale Casale, "Settebellezze" trascinò la squadra di Romeo e Agroppi: "Una miscela esplosiva. Fra dimissioni ed euforia"
Sarà che col senno di poi quell’anno, nell’immaginario di almeno tre generazioni di appassionati del calcio nerazzurro e del football tricolore, è divenuto semplicemente leggendario. Sarà per il fatto che si tratta della prima, storica promozione in massima serie vissuta sotto l’egida del "presidentissimo". Fatto sta che la conquista della Serie A nella stagione 1981-82 rappresenta, per lo Sporting Club e i suoi tifosi, una pietra miliare inscalfibile, accompagnata a stretto giro di posta dalla sbornia di euforia generata dal Mundial di Spagna. La data finita nell’albo d’oro della storia del Pisa è il 13 giugno del 1982: una folla oceanica tinta di nerazzurro riversata in piazza dei Miracoli, per celebrare l’impresa compiuta da mister Aldo Agroppi, dai suoi calciatori e da Romeo Anconetani, sancita dallo 0-0 conclusivo contro la Reggiana. "Quella è una vittoria scritta nelle stelle. È il mio primo pensiero ripercorrendo quell’annata, conclusa con una festa che resterà per sempre nel mio cuore": parole ed emozioni di Pasquale Casale, per i sostenitori nerazzurri "O’ marajà" o "Settebellezze", autentico trascinatore di quella formazione allestita da Romeo.
"La mia carriera è decollata grazie all’acquisto voluto dal presidente e dall’intuizione avuta da mister Agroppi dopo le prime giornate di campionato – ci spiega l’ex centrocampista partenopeo -. Giocavo a Catania, dove ero uno degli idoli più amati dal pubblico: avevamo conquistato la promozione in B e dopo un torneo di transizione il presidente Angelo Massimino aveva intenzione di vincere il campionato. E così decise di accettare la corte di Romeo, che si ricordava di me dai tempi della Lucchese: dal Pisa arrivò il centravanti Aldo Cantarutti, io feci il percorso inverso. E mai decisione fu più felice".
Casale svela il segreto vincente di quella squadra: "Partimmo benissimo, battendo in casa il Pescara e proprio il Catania. Poi però emersero alcune difficoltà ad andare in gol: tatticamente eravamo una compagine formidabile, con campioni del calibro di Gozzoli e Viganò in mediana, Bergamaschi sull’esterno, Mannini in porta, Todesco in attacco. Ma la qualità stentava a uscire fuori e così Agroppi si inventò una magia".
Precorrendo, di fatto, di almeno trent’anni i tempi di evoluzione del calcio: "Vide in me le doti del classico incursore e così mi avanzò di qualche metro: lasciò Gozzoli e Viganò a presidio della difesa e mi portò sulla trequarti, creando il precursore del 4-2-3-1. Segnai la bellezza di 15 gol: un’enormità". Il percorso verso il trionfo del 13 giugno non fu, però, costellato esclusivamente di bei momenti. "Romeo ci metteva sempre del suo, tutti i giorni, e incrociandosi con un’altra personalità forte come quella di Aldo Agroppi la miscela rischiò di esplodere – ricorda con un sorriso Casale -. Il mister decise di dimettersi: soltanto l’opera diplomatica di noi calciatori permise di arrivare fino al termine della stagione". "Spesso andavo a mangiare alla trattoria Da Antonio. Sua moglie si divertiva a fare le carte e quando Romeo lo scoprì decise di portarla spesso all’Arena per esorcizzare il terreno di gioco, sul quale preventivamente aveva sparso chili e chili di sale". La scaramanzia era soltanto l’aspetto più pittoresco "di un uomo di calcio straordinario – sottolinea Pasquale Casale -. Aveva conoscenze, competenze e intuizioni fuori dal comune. Era però un numero primo: tutti i dialoghi si chiudevano con la sua ultima parola, nessuno poteva prevaricarlo (ride, ndr)".