di Paola Zerboni
È considerato, a livello internazionale, una delle voci più autorevoli nel campo della robotica e uno dei pionieri della biorobotica. Oggi professore emerito di robotica biomedica presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove ha fondato e diretto per anni l’Istituto di BioRobotica, Paolo Dario è Direttore Scientifico del Centro di Competenza Artes 4.0 e vanta un’amplissima produzione scientifica con numerosi brevetti e prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Si è formato a Pisa, non ha mai lasciato l’Italia, ed è sempre ancora convinto che qui si possano formare e valorizzare i cervelli migliori.
È così, professore?
"Certo, la scuola italiana è una tra le migliori al mondo: i nostri studenti sono bravi, non a caso ce li ‘rubano’; tutti. Il sistema formativo italiano, con il suo approccio interdisciplinare, interpreta al meglio la capacità di formare giovani competenti, creativi e capaci di risolvere problemi complessi, anche quelli di un futuro che non si conosce. L’industria vuole questo, competenze solide, ma con una visione globale. E la robotica è una straordinaria palestra: di scienza, tecnologia, filosofia, etica, e molto altro. Mette alla prova e forma quel tipo di talenti di cui il mondo oggi ha bisogno. Abbiamo formato schiere di giovani eccezionali. Sappiamo fare ricerca in tutti i settori. Avevamo e abbiamo capacità di lavorare in modo interdisciplinare".
Che cos’è la biorobotica?
"La biorobotica cerca di capire come funziona il mondo naturale, le specie viventi, gli animali, le piante e gli uomini. E questa è scienza. Poi c’è la parte applicativa, che si occupa di realizzare macchine intelligenti e soluzioni per i problemi dell’uomo. Questa è ingegneria, solida, capace di rompere le barriere tra le varie discipline. Tra l’altro, tornando alla formazione, il prefisso ‘bio’ aiuta molto a coinvolgere le ragazze. Le ragazze amano la bioingegneria, la biorobotica, la bionica. E diventano ingegneri molto competenti, capaci di affrontare problemi nuovi senza timore".
Tutto è nato a Pisa...
"Sì, negli anni ’80. Che non sono stati solo quelli dell’uscita dagli anni del terrorismo e delle feste discomusic. Sono stati gli anni di Lucio Lazzarino, storico Preside di Ingegneria, di Luigi Donato, dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, del senatore Alessandro Faedo, e del professor Franco Mosca: grandi figure che hanno avuto il coraggio di sostenere scientificamente e lasciar esprimere la creatività di un gruppo di allievi. Tra cui il sottoscritto".
Per entrare nel mondo dei robot bisogna rompere le barriere. Cosa dobbiamo aspettarci dai robot del futuro?
"Prevedere il futuro è difficile, la strada è nelle scoperte della scienza, della fisica, della tecnologia. Grandi innovazioni, come il GPS, i sensori, i nuovi materiali, il web. Abbiamo fatto uscire i robot dalle gabbie, li faremo entrare sempre più nel nostro mondo. E dico letteralmente uscire dalle gabbie: finora i robot erano macchine che stavano dentro ’gabbie’, non potevano toccare gli umani perché potevano rappresentare un pericolo. Li abbiamo liberati e mandati su Marte, nei fondali marini, nelle sale chirurgiche. Alcuni sono stati veri “eroi“, come quello che nel 2009 ha salvato il pianeta, nel disastro ambientale della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico. Lo mandammo a 900 metri sotto il mare, a riparare la valvola che si era rotta. Laggiù poteva arrivare solo lui. Noi umani dimentichiamo in fretta, ma quel robot ha salvato l’umanità. I prossimi saranno i robot personali, i ‘companion’, in grado di entrare in contatto fisico e interagire con noi: possiamo toccarli e loro possono toccare noi. Questi robot sono già tra noi, la sfida per il nostro Paese è essere tra chi li realizzerà a livello industriale. L’Italia e l’Europa sono all’avanguardia della filiera robotica nel pianeta. Quindi dovremmo farci trovare pronti per la produzione industriale".