Sono 28mila in tutto il mondo: circa 800 gli italiani e 162 i toscani

Nel 1938 il vescovo ignorò, come quasi tutta la Chiesa fiorentina, la visita in città di Mussolini e Hitler . Creò una rete di sostegno solida e il suo segretario, don Giacomo Meneghello, coordinò i soccorsi.

Sono 28mila in tutto il mondo: circa 800 gli italiani e 162 i toscani

Sono 28mila in tutto il mondo: circa 800 gli italiani e 162 i toscani

FIRENZE

Elia Dalla Costa era alto e magro. La sua fisionomia sembrava ricordare quella di Mago Merlino e ciò che ha fatto e contribuito a fare è stata più di una magia. Il suo ministero era misericordioso e attento alle necessità dei poveri e dei maltrattati. Era una figura quasi ascetica; un importante vescovo italiano in quel periodo oscuro e controverso, tanto che nell’ultimo periodo del pontificato di Papa Pio XI si era parlato di lui come di un papabile. Intanto, in quel tempo di ingiustizie e violenze, aveva ben scelto da che parte stare: con la sua tenacia e l’intesa con Giorgio Nissim di Delasem (che dall’arrivo dei tedeschi in Italia era entrata in clandestinità) fu parte attiva nella sensibilizzazione del clero fiorentino, contribuendo a salvare centinaia di ebrei.

Non c’era nel cardinale asceta nessuna particolare convinzione politica, ma soltanto un’adesione incondizionata al Vangelo, all’insegnamento cristiano vincolante: "Ama il prossimo tuo". Questo sentimento era parte intima del cardinale fin dalla giovane età e anche i suoi colleghi di seminario riconoscevano in quest’uomo una profondità di carattere e una morale indiscusse e indiscutibili. Certamente furono queste caratteristiche di serietà del cardinale fiorentino a convincere i dirigenti di Delasem a coinvolgerlo nelle operazioni clandestine, e il fatto che, a questo punto, con i tedeschi in Italia ormai incattiviti dagli eventi bellici, per aiutare i loro fratelli la Delegazione per l’assistenza degli emigranti ebrei avrebbe dovuto cercare aiuto presso cittadini non ebrei. In più al rigore morale di Dalla Costa, pendeva dalla sua parte – agli occhi di Nissim e dei delegati di Delasem – il comportamento che il vescovo di Firenze assunse quando Mussolini e Hitler visitarono la città nel 1938, quando la chiesa fiorentina quasi ignorò la visita, dando prova delle convinzioni contrarie al regime nazifascista di Dalla Costa e, per suo mandato pastorale, un po’ tutta la chiesa fiorentina.

Il cardinale in questo 1943 mise a disposizione degli ebrei una rete di sostegno solida: il suo segretario, don Giacomo Meneghello, era il coordinatore dei soccorsi, riceveva profughi ebrei o informazioni e documentazione su di loro e le loro famiglie, e poi smistava in sedi meno appariscenti di Firenze persone e documenti, attraverso una rete di preti di provincia che il cardinale Dalla Costa aveva precettato per questo particolare compito solidaristico. Il cardinale aveva dato mandato ai suoi preti fidati di aprire e ospitare chiunque bussasse alle porte delle loro diocesi, senza fare domande.

E si dice che nell’arcivescovado stesso furono ospitati e sfamati tanti ebrei di passaggio, prima che venissero inviati in luoghi più sicuri e meno esposti dal capoluogo toscano. L’ascetico prelato stava dimostrando una forza e una determinazione che soltanto gli uomini di spessore, che vivono in profonda empatia con il prossimo, mettono al servizio solidale e fraterno di tante persone in difficoltà. Il suo contributo contro le ingiustizie e le atrocità nazifasciste fu una base importante per la rete di sostegno che si sviluppò in tutto il Centro Italia.

E per fare tutto questo serviva anche una staffetta, un messaggero, qualcuno che potesse tenere le comunicazioni tra zone lontane. Cosa che il campione del ciclismo, Gino Bartali, interpretò con grande partecipazione.