
"Affermazioni che arrivo a definire offensive". Non ci sta, Marco Busini, membro del consiglio generale di Confindustria Toscana Sud e vicepresidente della delegazione Siena, a mettere gli imprenditori della Valdelsa sul banco degli imputati per il costante aumento delle nuove positività nel territorio e nei luoghi di lavoro, nonostante la prolungata zona rossa. L’ipotesi di "atteggiamenti irresponsabili e volutamente omertosi di alcuni datori di lavoro", che il coordinatore Cgil della Valdelsa senese Cesare de Sanctis aveva avanzato quattro giorni fa ed ha sostenuto ieri in un’intervista televisiva, è per lui puramente ideologica. "Non si può proprio sentire – afferma – In tutte le aziende ci sono rigidi protocolli di sicurezza che vengono osservati scrupolosamente e responsabili per la loro applicazione. Nei luoghi di lavoro, il contagio per sottovalutazione del rischio è l’ultima cosa che può succedere, perché ovunque è stato fatto il possibile proprio per ridurre quel rischio. E nessuno può affermare con certezza che un lavoratore positivo abbia contratto il virus nel posto di lavoro. Lo stesso legislatore, del resto, ha rivisto l’impostazione iniziale, derubricando il contagio di un dipendente da infortunio sul lavoro a malattia non professionale, ribaltando la presunzione che il contagio dovesse essere avvenuto per forza in azienda con, addirittura, la responsabilità penale del datore di lavoro".
Per Busini, la tesi del sindacato è da respingere anche perché non tiene conto di una molteplicità di fattori: "In primo luogo, è questo è l’aspetto più offensivo perché va a ledere la dignità individuale, il fatto che nessuno è il ’mostro’ che privilegia il profitto a danno della salute – afferma – Poi perché non considera che le aziende subiscono il contagio dei propri dipendenti: nessuna impresa ha da guadagnare qualcosa se i suoi collaboratori sono costretti a fermarsi e tuttehanno, invece, interesse a tenere alta la sorveglianza e più limitati possibile i contagi; in ultimo perché le imprese hanno fatto investimenti consistenti nella sicurezza che non intendono vanificare. Posso affermare – conclude – dei controlli all’ingresso per il rilevamento dei sintomi, della sanificazione dei luoghi, del distanziamento delle postazioni, dell’isolamento negli uffici con pannelli di plexiglass, dell’adozione dei dispositivi individuali di protezione e, addirittura, della modifica di processi di produzione".
Alessandro Vannetti