Passato, presente e futuro: con la famiglia Frati in Valdelsa tre generazioni di veterinari

Quasi tre quarti di secolo in prima linea nella cura degli animali. Il dottor Paolo: "Tutto iniziò con mio padre Bruno nell’Italia del Dopoguerra. Oggi siamo io e mia figlia Giulia"

Il veterinario Paolo Frati con la dottoressa Sara Giannini e gli assistenti veterinari Veronica Martini e Mattia Cappelli

Il veterinario Paolo Frati con la dottoressa Sara Giannini e gli assistenti veterinari Veronica Martini e Mattia Cappelli

Poggibonsi (Siena), 24 aprile 2024 – Una storia di quasi tre quarti di secolo nella cura degli animali nel territorio della Valdelsa. Dal 1950 la famiglia Frati è attiva in ambito veterinario. Un percorso professionale iniziato dal dottor Bruno Frati, classe 1924, e proseguito dal figlio Paolo, che ha compiuto in questi giorni settanta anni ed è attivo insieme con i suoi collaboratori – la dottoressa Sara Giannini e gli assistenti veterinari Veronica Martini e Mattia Cappelli – nello studio di via Senese, 72 a Poggibonsi. La terza generazione è invece rappresentata dalla dottoressa Giulia Frati, 41 anni, titolare dello sede di via Agnoletti 32 a Certaldo. Il passato, il presente e il futuro, insomma, volendo sintetizzare i significati delle singole epoche che caratterizzano il cammino di una famiglia con radici nel territorio della Valdelsa, segnatamente a Certaldo, e che è divenuta nel tempo un autentico riferimento per tutto il circondario a cominciare dalle zone di campagna tra i comuni di Poggibonsi e San Gimignano.

È Paolo Frati a descrivere l’itinerario.

Dottor Frati, partiamo dalle origini…

"Mio padre Bruno si laureò nel 1950. All’epoca, mi si conceda l’espressione, fare il veterinario era soprattutto un atto di eroismo in un’Italia che tentava la ripresa sociale ed economica. E nelle nostre campagne il quadro rispecchiava gli scenari nazionali: la zootecnica rurale era tutta da rifondare".

In che modo descrivere ’l’eroismo’ paterno?

"Reduce da anni di guerra, come del resto la moltitudine della popolazione, mio padre riuscì a laurearsi in Medicina Veterinaria viaggiando su vagoni merci per raggiungere la città di Pisa e la sede della Facoltà di Veterinaria. Ottenuto il titolo accademico, dette il via alla sua attività di buiatra, a disposizione quindi degli allevatori di bovini della Valdelsa".

Come avvenivano gli spostamenti da una località all’altra?

"Con la Lambretta. Le auto, allora, erano un lusso per pochissimi. Innumerevoli i suoi viaggi su due ruote, incurante delle intemperie e delle tenebre. Le mucche, spesso, partorivano di notte. Una professione dura, dai contorni a tratti romanzeschi. Ma di un’importanza vitale, se pensiamo che dal buon andamento della stalla, dipendeva la quasi totale sussistenza delle famiglie dei contadini. Tanto è vero che quando nelle case arrivava il veterinario (o meglio, il ‘vetrinaro’, come si era soliti dire con il termine vernacolare), veniva accolto come una presenza al di sopra di tutto e di tutti".

E quando le campagne si spopolarono?

"La mia esperienza rimanda in parte a quei periodi. E così migrai verso altri lidi per svolgere la professione. Nacque la passione per i cavalli – poi trasmessa ‘geneticamente’ a mia figlia Giulia – da assistente di un illustre collega del settore all’Ippodromo di Montecatini Terme, ma non archiviai l’antico impegno paterno. Divenni responsabile in Abruzzo di un grande allevamento di mucche da latte. Spaziavo dalla clinica alla chirurgia".

E il ritorno a casa?

"Prima un incarico da Veterinario Asl nelle colline del Chianti. E nel 1986 l’a pertura della clinica veterinaria di via Senese a Poggibonsi, per dedicarmi agli animali più vicini a noi umani: i cani e i gatti. Adesso, come canta Vasco Rossi, posso affermare: ‘Io sono ancora qua’. Entusiasta di questa scelta e affascinato dalle tecnologie sempre più avanzate, che ci avvicinano costantemente alle apparecchiature utilizzate in campo umano".