Scuola secondaria di primo grado Martini di Rapolano Terme- classe 3A

Dal ’Manifesto della comunicazione non ostile’ alla vita in classe e non solo: responsabilità e asimmetrie nascosta .

Il mondo della comunicazione ha vissuto una fase di profonda trasformazione che ha coinvolto più generazioni, da ’noi’ nativi digitali fino ai nostri nonni, divenuti spesso abili navigatori ’social’. Ma le nuove dimensioni della libertà d’espressione hanno posto anche nuovi problemi. In questo nuovo contesto di comunicazione le parole vengono spesso usate come strumenti di attacco e offesa. Le parole possono essere pietre scagliate da una massa di persone nell’anonimato del web, possono essere muri che bloccano il dialogo tra gli individui. Invece le parole devono essere pietre che fondano una società informata, ponti che consentono l’incontro di persone per condividere e confrontare idee e opinioni in maniera pacifica. Le parole, che esprimono e pensieri e precedono le azioni, devono responsabilizzarci sia come singole persone che come collettività. È importante essere educati e comprendere l’importanza della comunicazione non ostile. L’ostilità in rete ha conseguenze reali e permanenti nella vita di chi le riceve. È dunque importante saper utilizzare parole positive e giuste anche quando affrontiamo un dibattito. Le parole possono ferire o curare, sostenere o schiacciare, proprio per questo motivo bisogna riflettere su cosa e come si usano le parole dette e che cosa dicono di noi. I dieci principi del "Manifesto della comunicazione non ostile" offrono da anni un basilare orientamento e sfidano anche radicate abitudini relative al modo in cui valutiamo noi stessi e gli altri. "Si è ciò che si comunica", in particolare, sembrerebbe scoprire in noi una profonda asimmetria nel processo di giudizio e comprensione reciproca. Vediamo infatti che quotidianamente attribuiamo alle persone le qualità che caratterizzano le loro azioni, in positivo e in negativo. L’asimmetria si viene a creare quando accettiamo per noi solo di essere definiti dalle qualità positive del nostro comportamento e non da quelle negative. Molto spesso, invece, è colpa nostra se una persona pensa qualcosa di sbagliato su di noi. Con le nostre azioni comunichiamo quello che siamo. D’altronde la comunicazione è l’unico mezzo che abbiamo per far capire qualcosa di noi agli altri e, se lo facciamo nel modo sbagliato, non possiamo pretendere che l’altro capisca una cosa che non abbiamo comunicato. Se non conosciamo le buone maniere saremo rozzi, se faremo di tutto per gli altri verremo chiamati altruisti. Rozzo e altruista sono due etichette che descrivono il nostro comportamento con gli altri; paradossalmente queste etichette non vengono solo date dagli altri ma, in un modo implicito, ce le attribuiamo da soli quando comunichiamo e ci relazioniamo con le persone.