
Mai una volta sopra le righe, mai un gesto che tradisse la sua ragionata modestia: una foto dall’archivio di Augusto Mattioli ci riporta alla memoria Antonio Sclavi, imprenditore senese ’vecchia maniera’, per stile non certo per ambizioni, che recuperiamo all’attenzione dei i lettori. Questa immagine è del 2004, anni in cui ricopriva (dal 2002 al 2005) anche la carica di Capitano della sua Contrada, la Lupa. Anche qui sempre volutamente sottotraccia, non certo per impegno: chissà se avesse vinto come avrebbe interpretato la sua spontanea coerenza di stare dietro le quinte.
Eppure Sclavi è stato un personaggio di primo piano per molti anni: parlavano più le idee, i fatti che i gesti. Cosa davvero rara in questa spesso effimera città. Imprenditore per ispirazioni familiari: la gestione sempre vicina e attenta dei forni, la voglia di seguire sempre giorno per giorno la catena di creazione e distribuzione, quel "dovere" nei confronti dei dipendenti, la ricerca costante di un equilibrio economico ci riportava alla mente altri imprenditori ma non certo della sua epoca, da Sapori a Tortorelli, perché ogni attività va seguita proprio come ’padre di famiglia’.
Ma Sclavi era un uomo del suo tempo: consigliere d’amministrazione al Monte dei Paschi, nel collegio dei sindaci revisori di Banca Toscana, presidente di Tenimenti Mps, della Camera di Commercio per molti anni, dal 1984 al 1999, di Confcommercio e Fises, docente all’Università. Anche per lui rischieremmo di fare un lungo elenco.
Ci piace invece sottolineare il costante impegno di Presidente della sezione senese dell’Unicef, il che si traduce in decine di iniziative, per un ostinato impegno per i piccoli di tutto il mondo. E poi le vere e proprie scommesse, come il festival del cinema "Campo e controcampo", sempre per quel desiderio di far superare a Siena certi complessi da cittadina provinciale. Guardare al mondo dalla finestra di casa: Antonio Sclavi è stato tutto questo e quando ci ha lasciato, nel febbraio del 2014, la città aveva già perso molte speranze e prerogative. Andando contro anche a quelle ispirazioni che lo avevano sempre guidato. Lui, uomo di altre generazioni, non certo per anagrafe ma per stile e garbo. Denso di una timidezza che qualcuno scambiava per un fare burbero e schivo che invece non gli apparteneva. Ma lo sappiamo: i timidi sono i primi a notare certe cose, certi particolari, ma sono sempre molto bravi a non farsene accorgere.
Massimo Biliorsi