
Nuova stagione in Comune "Siena guida del territorio"
di Orlando Pacchiani
Per diciannove anni, dal 1993 al 2012, è stato seduto in consiglio comunale, ma sempre tra i banchi dell’opposizione. Ora Alessandro Manganelli è passato sull’altro versante dell’amministrazione: responsabile dello staff e capo di gabinetto del sindaco Nicoletta Fabio. "Il mio ruolo è supportare il sindaco nella sua azione politico-amministrativa, tanti anni da consigliere e la conoscenza della macchina comunale hanno reso il mio ingresso meno difficile del previsto", dice Manganelli.
Da dove siete partiti?
"Dall’ascolto dei dipendenti e dei cittadini. Il sindaco si è messo a disposizione e ha esaudito tutte le richieste. Per poter decidere è necessario capire le ragioni di tutti".
Una pratica che resterà?
"Non nella misura attuale, non sarebbe conciliabile con l’attività amministrativa. Ma ci sarà un orario di ricevimento".
A che punto è la riorganizzazione del personale?
"Intanto c’è stata la grande intuizione dell’assessore Tucci in accordo col sindaco di richiamare Francesco Ghelardi, dirigente che si è spesso occupato di personale. Nei prossimi giorni il piano sarà definito, ritengo che a metà settembre la riorganizzazione potrà prendere piede".
Con quanti dirigenti? Ancora cinque?
"Nel medio-lungo periodo dovremo tornare a 4-5 dirigenti".
Cosa è cambiato rispetto a prima nella gestione?
"Al sindaco tutti riconoscono capacità e grande disponibilità. È cambiata l’aria che si respira in Comune, ci viene riconosciuto anche dai dipendenti".
Beh, eravate in maggioranza anche "prima", però...
"Certo e non abbiamo difficoltà a riconoscerlo. Ma sono cambiati alcuni presupposti, oltre ovviamente agli interpreti".
Quali, per esempio?
"Ora i partiti hanno un ruolo determinante che non avevano prima. E c’è una squadra unita che dimostra grande apertura".
Da dove si parte per disegnare il futuro della città?
"La città ha 50mila abitanti ma ogni giorno ne ospita almeno il doppio. Partire da qui è necessario per una visione della Siena del domani, con un dialogo costante e fattivo con i Comuni contermini e non solo".
Su questo si viene da una stagione complicata, a dir poco.
"Al sindaco Fabio e alla giunta non interessa di che colore sono le maggioranze degli altri Comuni. Siamo convinti della necessità di aprirsi al territorio, basti pensare alle logiche turistiche o a quelle culturali, come l’orientamento di rientrare nella Fondazione Musei Senesi, o i rapporti collaborativi con il presidente della Provincia".
Quindi l’idea di rinchiudersi tra le mura è tramontata?
"Certo, non fosse altro perché non ha pagato. Ma soprattutto perché ne sono convinti il sindaco e la maggioranza".
Fra dieci anni che Siena immagina?
"Penso e spero che possa fare sempre più leva sui propri punti di forza, attraendo investimenti italiani e stranieri. E in questo Siena deve essere motore di sviluppo non solo per la città in sé, ma per tutto il territorio".
In che settori?
"Per esempio il turismo, favorendo le permanenze lunghe anche con operazioni lungimiranti come palazzo Sozzini-Malavolti. O magari pensando che la città potrà attirare anche tanti ricercatori del Biotecnopolo. Siena deve essere alla testa del territorio soprattutto come leva occupazionale".
Perché questo non è successo prima?
"In passato, quando c’erano anche risorse ingenti, c’è stata miopia politica. Si pensava che tutto sarebbe rimasto inalterato in eterno. Ma tutto è cambiato".
Lei viene da un partito ai margini del quadro politico, ora FdI è maggioranza: cosa è cambiato?
"Io ho sempre ritrovato la stessa comunità politica e umana. Se penso che il nostro deputato, il vicesindaco, il capo di gabinetto del ministero dell’Ambiente, consiglieri comunali facevano parte di quella schiera di ragazzi che muoveva i primi passi in politica, mentre ero presidente di An, mi dico che quegli sforzi hanno pagato e la mia soddisfazione è centuplicata".
Anche se restano le difficoltà per la destra di fare i conti con il passato, non crede?
"È sempre difficile farlo per una comunità viva che si confronta con un passato recente che non è ancora storia. Ma rilevo che non è solo un problema della destra, lo è anche della sinistra".