Mps, la corsa all’esodo per 3.500 dipendenti

Le richieste di uscita superano le previsioni, Lovaglio continua i suoi incontri. BancoBpm e UniCredit negano interesse. "Una fusione non è sul tavolo"

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Dopo la ’bomba d’acqua’ senza conseguenze in Borsa di due giorni fa, ieri il blocco alle vendite allo scoperto ha avuto come effetto un’altra giornata tranquilla a Piazza Affari per il titolo Monte dei Paschi. Fermo a 29,90 euro, con -0,23%. Niente giochini speculativi, solo uno sguardo ai fondamentali, legati all’aumento di capitale da 2,5 miliardi. E quelli di ieri partono dalla corsa annunciata dei dipendenti del Monte dei Paschi all’adesione per l’uscita anticipata dalla banca.

E’ il tassello centrale del mosaico del risanamento disegnato dall’ad Lovaglio: l’esodo incentivato di 3.500 dipendenti entro il 30 novembre, per poter sfruttare le agevolazioni previdenziali e i sette anni di ’scivolo’ verso la pensione. Da finanziare con il fondo di solidarietà, irrobustito da 800 milioni dell’aumento che dovrebbero essere sul piatto entro il 12 novembre.

Stando alle stime dei sindacati, ci sarebbero anche richieste maggiori rispetto ai 3.500 posti disponibili. E questo è un segnale a doppia lettura: un’apertura di credibilità verso il piano industriale di Lovaglio, una voglia crescente di fuga da Rocca Salimbeni da parte dell’esercito di 21mila montepaschini. A riprova che il vecchio detto ’se incontri tre persone a Siena uno lavora al Monte, un altro è pensionato del Monte e il terzo aspira ad entrare al Monte’ appartiene all’archeologia bancaria della città.

Tornando all’iter dell’aumento di capitale, il management di Rocca Salimbeni ha già inviato alla Consob il prospetto, con tutte le caratteristiche che avrà l’operazione. A partire dal miliardo e 600 milioni sottoscritti dal Ministero dell’Economia e, di riflesso, dai 900 milioni che dovranno essere riservati ai privati. Un passaggio essenziale, poi il dossier tornerà in consiglio d’amministrazione a Rocca Salimbeni. Sarà il cda a fissare il prezzo delle azioni. Tutto dovrebbe avvenire entro la prima metà di ottobre, con il consiglio convocato per il 6 o 7 e il lancio dell’aumento dal 12 ottobre.

Lovaglio continua la sua raffica di incontri con i potenziali investitori istituzionali, bussa alla porta anche delle casse previdenziali e dei fondi pensione. Ma è chiaro che la trattativa cruciale, che non è ancora iniziata ufficialmente, è quella con Axa e Anima. I due partner industriali nella bancassurance e nel risparmio gestito potrebbero sottoscrivere una bella fetta della quota di capitale riservata ai privati, diventare azionisti stabili. E’ quello che si aspettano le otto banche del consorzio, per trasformare la presottoscrizione in una garanzia dell’inoptato.

Sia Giuseppe Castagna, ad di Banco Bpm, che Andrea Orcel, dominus di UniCredit, negano di voler aprire il dossier Mps: "Un’aggregazione con Mps non è sul tavolo - ha detto Castagna - non lo è mai stata in questi due anni. Non voglio fare un’altra ristrutturazione, vorrei fare un’altra operazione, se ce ne fossero le possibilità, con una banca già pronta alla ripartenza". "Una fusione non è di attualità" ha fatto eco Orcel.

Pino Di Blasio