LAURA VALDESI
Cronaca

Morì per l’insetticida, scintille in tribunale. Il perito: "Deceduto per shock settico"

Raffica di domande del giudice Cerretelli che vuole capire se dall’ingestione del potente ’Rogor’ è dipeso mesi dopo il decesso. La vittima, 72 anni, lo aveva buttato giù scambiandolo per vino

Battaglia in aula fino alle 15,30 ieri a palazzo di giustizia

Battaglia in aula fino alle 15,30 ieri a palazzo di giustizia

Siena, 7 maggio 2024 – ”E’ morto per shock settico", ribadisce in avvio di udienza il consulente del giudice. Che per due ore finisce al centro del fuoco di fila di domande degli avvocati della difesa del fratello e del cugino di un 72enne morto nel settembre 2020 dopo aver ingerito accidentalmente un potente insetticida messo in una bottiglia e scambiato per bevanda, lasciato a sua insaputa fuori casa incustodito. Una vicenda che ha scosso il sud senese. E che ha visto sfilare sul banco dei testimoni tante persone, anche parenti della vittima, per ricostruire cosa davvero accadde quel giorno. Soprattutto – questo l’oggetto del braccio di ferro ieri in aula dove non sono mancati anche toni forti e accuse pesanti – se il decesso dell’agricoltore era da collegare proprio all’ingestione del ’Rogor’, potente insetticida usato per gli ulivi. Tesi sostenuta dalla procura che ha accusato di omicidio colposo il fratello del pensionato, difeso dall’avvocato Sebastiano Sani di Grosseto, ed il cugino del 72enne assistito invece da Ivan Lo Castro e Francesca Terribile del foro di Roma.

“L’ho voluta qui per avere dei chiarimenti", esordisce il giudice Francesco Cerretelli rivolgendosi al consulente. Intende sapere quanto tempo è passato fra l’ingestione dell’insetticida e la morte dell’uomo. "Il 4 settembre 2020 i fatti, il 12 dicembre il decesso: tre mesi e una settimana", risponde. Seguono altri quesiti che puntano in modo particolare a chiarire se il solo fatto di aver bevuto il Rogor possa aver causato la morte del 72enne. O, magari, come tende a ribadire la difesa, l’abbia determinato il quadro generale di salute del pensionato a cui sono state riscontrate altre patologie. "Vuole sapere se è morto per questo? La risposta è sì", ancora il consulente che non nasconde la propria perplessità. E’ come se fosse lui sul banco degli imputati. Continuano le domande del giudice: "Se si fosse rotto un femore, invece di quanto accaduto, avrebbe innescato lo stesso quanto successo?"

L’infezione, insomma, sarebbe arrivata comunque? Il consulente invita a fare un distinguo netto. La vittima ha avuto un periodo di terapia intensiva che ha sicuramente favorito le infezioni. E’ stato intubato e ventilato meccanicamente. Una situazione predisponente a sviluppare fattori infettivi, a suo dire. Non era una persona perfettamente sana ma godeva di una vita autonoma. "Già un miracolo che sia uscito vivo dal periodo in cui è stato intubato", sostiene. Evidenzia che l’altra patologia riscontrata non ha inciso sull’esito fatale del decorso clinico. Tre mesi di antibiotici, poi, a quell’età sono pesanti. Gli avvocati della difesa attaccano sulla cartella clinica di 600 pagine che avrebbe dovuto essere valutata anche se il consulente replica definendo "la relazione di dimissione particolarmente abbondante di dati". A settembre inizierà la discussione per arrivare alla sentenza. Sarà ancora battaglia.