Fu presentato al Teatro dei Rinnovati, il suo Drappellone, a causa della pioggia che aveva impedito anche la stesura del tufo: erano le 19 in punto dell’11 agosto 2002 e il Cencio di Fernando Botero venne accolto da un forte e lungo applauso, da un’ovazione, un tributo alla disponibilità di uno dei più grandi maestri dell’arte contemporanea, di prestare il suo genio alla Festa senese. L’artista di Medellin, legato alla Toscana – in particolare a Pietrasanta, dove aveva casa e studio – e che al Palio aveva assistito anche nel ’53, quando studiava Arte a Firenze, aveva appena donato a Siena una Madonna, un Bambino e tre barberi ‘rotondi’, testimoni di uno stile e di una personalità inconfondibili. Figure immortali che oggi campeggiano nel museo della Tartuca e che legheranno per sempre il nome di Botero, scomparso ieri a 91 anni, alla storia di Siena. "Ho realizzato temi familiari – spiegò –, dalla Madonna ai cavalli, mi sono divertito anche con l’araldica. Questa è una manifestazione fonte di ispirazione. Mai avrei pensato di diventarne protagonista". Eppure, quelle forme morbide suscitarono una presa di posizione della Chiesa. L’allora arcivescovo, monsignor Antonio Buoncristiani, dopo aver espresso apprezzamenti per il Cencio, rappresentazione "della maternità, dell’abbondanza come nei canoni dell’America latina", affermò infatti di avere "il compito di non accettare in Chiesa opere non rispettose del sacro". Un monito rivolto non alle Contrade, ma agli incaricati di scegliere gli artisti autori dei Drappelloni. "Dopo aver studiato attentamente i Cenci degli anni scorsi – aggiunse –, ribadisco che in futuro non sarò disposto ad ammettere in Provenzano o in Duomo opere non rispettose della sacralità dell’immagine mariana" (nell’agosto 2018, si rifiutò di benedire il Drappellone dell’artista belga Szymkowicz). Il nome di Botero è legato anche a Montalcino. Sempre nel 2002 concesse l’utilizzo della sua opera ‘Il ratto d’Europa’, per l’etichetta di 9000 bottiglie di Brunello di Montalcino 1997, l’annata migliore del ‘900, pezzi da collezione venduti a scopo benefico, in favore dei terremotati dell’Umbria e delle Marche. L’artista colombiano, il vino, lo aveva scoperto proprio in Italia e ogni giorno ne beveva un bicchiere. Vedere una sua opera su una bottiglia preziosa, fu una soddisfazione.
Angela Gorellini