Lingua e politica Un Trattato da rileggere

Il ’perfetto cancelliere’ secondo gli scritti di Carli Piccolomini. ’Collega’ senese di Machiavelli

Lingua e politica Un Trattato da rileggere

Lingua e politica Un Trattato da rileggere

A Francesco Bausi, ordinario di Filologia di letteratura italiana presso l’Università di Firenze e all’Intronato Mario Ascheri è stata affidata la presentazione dell’edizione critica del ’Trattato del perfetto cancelliere e altri scritti’, curata da Germano Pallini, docente di letteratura italiana al Liceo Stendhal di Milano. Ne è autore Bartolomeo Carli Piccolomini (1503-1538). Era doverosa la presentazione, non soltanto perché Carli appartenne all’Accademia degli Intronati. Il suo Trattato investe due questioni di grande importanza. Attesta una precoce circolazione delle idee di Machiavelli: viene scritto, infatti, quando era uscita soltanto l’Arte della guerra. A Siena, però, se ne leggevano già, in manoscritti circolanti, i ’Discorsi’.

Oggi non si tratta di studiare Carli Piccolomini, che fu cancelliere per brevi periodi nella sua città (nel 1525 per un bimestre per un intero anno nel 1529) alla luce di Machiavelli, ma di capirne l’autonomia. Egli considerava Machiavelli, più anziano di 34 anni, un collega, un campione di eloquenza. Ciò che provoca l’interesse per la lingua politica da usare: "In Italia, dunque – afferma nettamente – tutte le città deverebbero scrivere Toscano e rare volte latino". Sono le prime avvisaglie di una valutazione della lingua quale fattore determinante di unità e prestigio.

Nel Trattato loda la "dolcezza della lingua toscana": questo apprezzamento si deve senz’altro all’amicizia con Claudio Tolomei, uno dei protagonisti dell’animata querelle sulla lingua. Politicamente Bartolomeo appartenne al Monte dei Gentiluomini e si propose come mediatore in una situazione di forti e tensioni. È superfluo rammentare il clima di quei primi decenni del XVI secolo, a partire dalla battaglia di Camollia del 1526 , "celebrata quasi – annota Pallini – come una nuova Montaperti". Le due opere principali del Carli sono i ’Trattati della Prudenza’ (1526-1528) e il ’Trattato del perfetto cancelliere’ (1529), due lavori notevolissimi. Una citazione sola, che dà la misura del rapporto con Machiavelli e della diversità dell’approccio consigliato dal Carli: "Quando gli uomini ci mostrano alcuna cosa con parole, sempre deviamo stimare che essi potrebbero fingere. Bisogna havere due nature massimamente nel praticare: l’una della colomba e altra della volpe". Se si pensa alla coppia volpe e leone esaltata nel Principe XVIII si capisce dalla metafora animalesca la distanza di Carli, da non degradare a ingenuo Machiavelli senese.

Carli Piccolomini fu un intellettuale raffinato: aveva studiato latino e greco e divenne allievo di Aonio Paleario, appena questi, giunto a Siena, fondò una scuola di studi umanistici. Da aristocratico intronato dimostrò di saper bene ottemperare alla regola intronatesca del ’Gaudere’, contrapponendosi al popolo e lodando i piaceri della vita in villa.

L’obiettivo essenziale da perseguire era la Concordia: ripresa evidente del tema chiave del Buon Governo lorenzettiano. Le città erano corpi e i ’ministri’ che avevano l’elitaria missione di gestirle ne costituivano le ’anime’. Gli appassionati “Discorsi” di Bartolomeo, tesi a placare i contrasti tra le fazioni e a raggiungere un’autentica pacificazione, non ebbero successo durevole. Due anni dopo l’attesa visita imperiale morì: se non altro gli fu risparmiato di assistere al rapido deteriorarsi di quell’effimera concordia per la quale si era generosamente battuto.

Roberto Barzanti