Le carte per il Monte scoperte dopo il voto

Nella partita a poker tra politica e finanza, tra Ministero dell’Economia e UniCredit, siamo alla fase dei rilanci. C’è aria di bluff

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di Pino Di Blasio

Cosa resta il giorno dopo lo sciopero del Monte dei Paschi, con quasi tutte le filiali chiuse ma pochissimi dipendenti in piazza a far compagnia ai tanti sindacalisti? C’è una cura contro la sindrome della festa finita, della sensazione di decisioni già prese, solo congelate in attesa del voto? Forse l’unica soluzione è provare a dire le cose come stanno, non come vorremmo che fossero. Provare a capire le intenzioni e le strategie degli altri giocatori al tavolo. Perché la trattativa tra Ministero dell’Economia e UniCredit, che ha come piatto Banca Mps con tante fiches dello Stato per renderla più attraente, è sempre stata una partita a poker, con qualche carta scoperta e due nelle mani dei giocatori, da scoprire dopo l’ultimo rilancio.

Quali sono le carte scoperte di Andrea Orcel? Il perimetro di attività con 1.100 filiali Mps nel centro Nord, la banca on line Widiba, gli 87 miliardi di depositi e gli impieghi più sicuri, quelli garantiti. Quali sono le carte del Ministero dell’Economia? Una banca che, anche se è la più antica del mondo e sopravvissuta a guerre mondiali, dittatori e dominazioni straniere, non è più in grado di continuare da sola. Ha troppi sportelli, troppi dipendenti e pochissimo patrimonio. Il Tesoro è pronto a ricapitalizzarla anche con 3 miliardi, ad accollarsi i circa 6 miliardi di rischi legali e cedere altri miliardi di crediti deteriorati e dubbi a Amco, assieme a 300 sportelli del Sud a Mediocredito Centrale. E in più a garantire, con il fondo di solidarietà, il prepensionamento a 6mila dipendenti Mps. Ma vuole che UniCredit si prenda tutto il resto del Monte, non solo gli sportelli. Anche perché sarebbe l’unica strada per prendersi anche la fiche delle attività fiscali differite.

La partita è alla fine, siamo già all’ultimo rilancio? Dalle parti di UniCredit e nelle stanze dei tecnici del Tesoro tutti sposano questa tesi. Ma ci sono altri due giocatori al tavolo, il Governo e il Parlamento. Non sono la stessa cosa. Perché il premier Draghi e il ministro Franco finora, a parte l’audizione in Commissione Finanze, non hanno proferito verbo sulla trattativa. E per quanto il direttore generale Rivera abbia carta bianca, alla fine dovrà portare a Palazzo Chigi una proposta accettabile e non eccessivamente onerosa per lo Stato.

Poi c’è il Parlamento. Lega, Fratelli d’Italia, e anche 5Stelle, non hanno mai gradito la trattativa esclusiva alle condizioni di UniCredit. E non voteranno mai un accordo che rispettasse i desiderata di Orcel e degli azionisti forti di UniCredit. E anche il Pd di Enrico Letta, giocatore principale al tavolo, ha alzato l’asticella con i quattro punti fermi che non sarebbero rispettati se l’affare avesse la forma auspicata dal gruppo di piazza Gae Aulenti. Se questa è la fotografia della partita a poker, perché sta prevalendo la sensazione che l’epilogo sia già scritto? E che per il Monte non c’è altra strada se non quella di venire fagocitato da UniCredit, con qualche pezzetto ceduto ad altri, e le scorie che rimarrebbero sul groppone dello Stato?

Il bluff è una strategia essenziale per ogni pokerista. Se il piatto Mps saltasse, forse ci rimetterebbe di più UniCredit. Che con l’acquisizione e i miliardi dello Stato risanerebbe i suoi conti, avrebbe più quote di mercato e oltre 3 milioni di clienti in più.

Come sanno bene tutti i gambler, i giocatori professionisti, che dovrebbero spiegarlo anche al direttore generale del Tesoro Rivera, quando al tavolo da poker non capisci chi sia il pollo tra quelli che giocano, alzati in fretta perché il pollo sei tu.