Lazzero, modello di ragion di Stato Quaranta Palii corsi per la Contrada

Una foto una storia La stretta di mano tra il fantino mai vittorioso e il giovane che diventerà re in Piazza

Lazzero, modello di ragion di Stato  Quaranta Palii corsi per la Contrada
Lazzero, modello di ragion di Stato Quaranta Palii corsi per la Contrada

Cos’è il passato? Un grande poeta come Roberto Roversi diceva che altro non è che una madre con i capelli neri e una grande voglia di crescere in fretta. Ed i nostri capelli neri, di contradaioli usciti dalle macerie del dopoguerra, sono quelle inconfondibili figure come il fantino Lazzero Beligni, chiamato davvero poco come Giove, che hanno attraversato i decenni e portato a noi il cosiddetto "Palio moderno". Eccolo qui ritratto da Augusto Mattioli in un significativo scatto con dirigenti, contradaioli del 2003, con un giovanissimo Giovanni Atzeni detto Tittia. Le bellezza del tempo: saper trasformare in eroi personaggi che ci sono passati accanto, imperscrutabili, difficili da interpretare, capaci di chissà quali strategie, anzi, diavolerie di alto lignaggio politico.

Lazzero ha corso quaranta volte e quaranta volte ha vinto. Alla sua maniera, ma ha sempre vinto. Il successo degli altri passava sempre dalle sue mani. Mani che conoscevano il lavoro e la praticità della vita. Da quel 16 agosto 1954, è Mario Calamati del Drago che gli concede il primo giubbetto, al 17 agosto 1975 nel Leocorno, sono passate almeno tre generazioni di fantini. Passate attraverso il filtro della sua capacità di adattarsi ai tempi, alle ragioni di rione, alla filosofia di Fontebranda, alla "ragion di Stato" di quel fare Palio accentrando attenzioni e speranze.

Non ha mai avuto il tono e l’arroganza di chi sapeva di gestire certi equilibri, ma la modestia e la saggezza dei vincenti. Gli altri apparivano e lui decideva. Era un Palio che oggi possiamo considerare romantico se non anacronistico: in quegli anni i senesi volevano dimostrare al mondo di essere incoscienti innamorati, che non possono vivere senza questo singolare gioco. E questo è il massimo del romanticismo, intelligente e bello da raccontare. A mio avviso, Lazzero era una persona romantica a cui piaceva vivere una storia d’amore con la città, senza trasformarla in vicenda sdolcinata.

Quaranta carriere, quaranta notti prima degli esami. Qualcuno sarebbe crollato. Il sentimentalismo è sovrastruttura che invece ci nasconde la brutalità. Esempio giusto per il Palio, che è un modello di vita intriso nel romanticismo, ma che è sempre costruito sull’illusione più che sulla speranza. E noi, da buoni amanti, amiamo l’illusione. Non dimentichiamoci mai che l’amore vero è una storia in piena regola, l’amore romantico è il sogno di una storia.

Massimo Biliorsi