di Laura Valdesi
"Al di là di ogni ragionevole dubbio, poco prima delle 14 del 26 settembre 2022 Anna Maria Burrini è stata uccisa mentre si trovava nel suo appartamento, al quarto piano di Largo Sassetta, mediante un’azione di strangolamento posta in essere da Volodymyr Udzienov". Il 41enne ucraino, dunque, per la Corte di assise di Siena che l’ha condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’anziana che affittava stanze della sua casa senza regolare contratto, è l’autore materiale del delitto. L’ha strangolata "con un laccio, verosimilmente di stoffa o tessuto" causandone "la morte nel giro di poche decine di secondi". In quel momento in cucina c’era, per la Corte, anche Viktoriia Mitioglio, 27 anni, che l’ha aiutato a trasportare il cadavere in camera "per ritardare il ritrovamento". Così ricostruirscono i giudici nelle 115 pagine delle motivazioni della sentenza depositate il 16 settembre. Giudice a latere redattore Simone Spina, presidente Fabio Frangini. I difensori Alessandro Bonasera e Francesco Paolo Ravenni hanno ora 45 giorni di tempo per fare appello.
Un omicidio commesso per prendere 1500 euro, 4 braccialetti, alcuni anelli "e una collana in oro e diamanti, portata via e tenuta con sé da Mitioglio", si legge nella sentenza. Dove viene ricostruito il "piano concertato" e ideato "anche grazie al contributo materiale e morale" di un coinquilino dell’anziana e dell’ormai ex compagno della 27enne che ruotava intorno al fingere l’intenzione di acquistare un fondo della vittima a cui la potenziale acquirente, Viktoriia, sarebbe stata presentata dallo zio Volodymyr. "E’ intimo convincimento della Corte – recita un altro passaggio – che dal piano criminoso concordato fra i due fosse rimasto escluso il proposito di uccidere l’anziana, che hanno provato a rendere temporaneanete incapace di agire con un sedamente "prima in un succo e poi offerto affinché ne bevesse una quantità sufficiente". Peccato che la sostanza farmacologica fosse di tipo antiallergico e l’effetto sedativo solo fra quelli collaterali, si spiega più avanti. Volevano fare una rapina, invece hanno commesso un reato diverso. Di più. Non è emerso "un solo dato probatorio da cui desumere che l’imputata abbia determinato lo zio a compiere" lo strangolamento. Sarebbe stata "un’autonoma decisione" di Udzienov, la giovane non avrebbe mai pensato che sarebbe andata a finire in quel modo. Il loro sarebbe stato un "proposito predatorio e mai omicidiario". Solo ed "unico movente economico": erano interessati ai 60mila euro che sapevano essere in quella casa. Nessuna premeditazione, dunque, del delitto. Ma una decisione "improvvisa" dell’ucraino "senza previa condivisione " con la nipote che in realtà era lì per una rapina. La Corte d’assise muove un rimprovero alla donna. Di non aver pensato che il loro piano avrebbe potuto avere un epilogo diverso "rispetto al fatto programmato,... ossia l’omicidio" anche perché sapeva dei "trascorsi giudiziari dello zio ma soprattutto del fatto che in Ucraina aveva commesso" già un delitto. Interessante il passaggio nel quale si evidenzia il rimpallo di responsabilità fra i due imputati. E si osserva che la donna "si è profusa... in atteggiamenti tutti volti e protesi al fine di minimizzare e marginalizzare il suo, pur rilevante, ruolo assunto nella complessiva vicenda... sino a consegnare alla Corte una ricostruzione mendace dei fatti e degli eventi che sono seguiti all’omicidio di Anna Maria Burrini, falsamente affermando di aver mai cooperato con lo zio nello spostamento del cadavere, di non aver mai sottratto beni di valore" dalla casa. Quanto allo zio, "non risultano essere mai emerse, da parte dell’imputato, espresse ed esplicite ammissioni circa le proprie responsabilità". In un altro passo si aggiunge che si è spinto "ad accusare apertamente, nonché falsamente, sua nipote di essere l’autrice" del delitto. Nessuna collaborazione con gli investigatori da parte sua, a differenza dell’atteggiamento tenuto da Viktoriia. Nella sentenza, che tratteggia come i due imputati si siano messi nei guai perché hanno chattato troppo su whatsappa e anche parlato troppo al telefono, emerge che un altro uomo quella mattina del 26 settembre 2022 rifiutò di prendere parte alla rapina. Non si recò infatti all’appuntamento alle 11 "proprio perché ormai ben al corrente di quali fossero le intenzioni e i propositi criminosi degli imputati".