
In architettura si può applicare il principio ’less is more’, meno è meglio. Nel mondo del vino non è esattamente così, specie in una vendemmia che, stando alle previsioni, registrerà un robusto calo quantitativo rispetto allo scorso anno ma con una qualità che fa ben sperare. Le bizze del meteo hanno avuto un impatto significativo: le stime diffuse da Assoenologi e Ismea, che fotografano l’andamento meteorologico area per area, parlano di una diminuzione nazionale intorno al 9%, quindi sui 44,5 milioni di ettolitri di vino rispetto ai 49 dell’anno scorso. La Toscana è la regione che segna il calo più forte: a causa delle gelate primaverili e della siccità estiva, si arriverà intorno a 1.650 ettolitri rispetto ai 2.209 dell’anno passato. Vuol dire il 25% di produzione in meno, con meno vino in cantina e prezzi tendenzialmente più alti. Alcune importanti denominazioni come il Chianti Classico e il Brunello di Montalcino, inoltre, hanno preventivamente scelto di ridurre le rese di uva per ettaro.
"E’ evidente che la siccità estiva abbia avuto un’incidenza sulla produzione di alcuni vigneti nel territorio toscano – spiega Alessandro Gallo, direttore di Castello d’Albola in Chianti Classico - resta da vedere l’impatto sulla qualità. Penso che settembre possa ancora consentire un miglioramento nella maturazione fisiologica e fenologica delle uve, soprattutto nelle zone alte, come il Chianti. Un po’ di pioggia è arrivata, altra ne è prevista nei prossimi giorni, e questo sicuramente porterà giovamento alla qualità delle uve".
Le sensazioni sulla qualità sono quindi incoraggianti ma, in una fase di ripartenza, produrre meno vino può avere delle conseguenze perché la domanda internazionale e interna di vino sta tornando a correre, come confermano i dati d record sull’export registrati nel primo semestre dell’anno (+16% rispetto allo stesso periodo del 2020).
"Nonostante le gelate di primavera e il secco estivo – spiega il produttore Michele Manelli, proprietario di Salcheto a Montepulciano – le uve sono riuscite a raggiungere una buona maturazione. Per certi versi questo è incredibile, ma è ancora presto per poter aver un quadro certo per qualità e quantità. E’ vero, in linea di principio preferisco che si produca meno ma meglio ma il calo produttivo per noi sarebbe dannoso perché abbiamo forti aspettative di crescita dopo i mesi duri che speriamo di essersi messi alle spalle".
"E’ un’annata calda – allarga lo sguardo l’enologo Valentino Ciarla che lavora in vari vigneti toscani – a causa dello stress idrico più che per colpa delle temperature elevate; in alcune zone possiamo definirla un’annata estrema e complicata, sia a livello qualitativo che quantitativo. Sicuramente la vocazione dei suoli e le corrette pratiche agronomiche hanno avuto un ruolo più importante che mai".
"È sempre affascinante vedere come la natura reagisca e sia resiliente a stagioni, come quella del 2021 – aggiunge Sergio Zingarelli di Rocca delle Macìe –. E’ un’annata ventosa: mai come quest’anno, infatti, si sono registrati così tanti giorni di vento, più o meno caldi, che hanno contribuito ad accentuare anche gli effetti della siccità. Sicuramente sarà fondamentale la selezione delle uve durante la raccolta che porterà in generale ad una minore quantità raccolta ma, anche e soprattutto, nell’ottica di preservare gli eccellenti livelli qualitativi prefissati".
In sostanza la seconda metà di settembre per le uve protagoniste dei vigneti senesi, ovvero il sangiovese, sarà decisiva: i primi accenni di clima più autunnale potranno sicuramente giovare alle piante. Poi l’auspicio della filiera è che il mercato possa tornare a garantire una domanda stabile e diversificata.
Giovanni Pellicci