
La Valdichiana ci crede. Del Corno: "Progetto condiviso e credibile"
Filippo Dal Corno, classe ’70, musicista e compositore, per otto anni prestato alla politica in qualità di assessore alla cultura del comune di Milano (ruolo cruciale il suo, nel costruire una rinnovata immagine della città prima con il sindaco Pisapia poi con Sala), all’indomani dell’audizione dell’Unione dei Comuni della Valdichiana senese per il titolo di Capitale della Cultura 2026 di cui è direttore di candidatura, ci racconta le sue impressioni. "Credo che l’audizone sia andata molto bene, siamo riusciti a presentare in piena coerenza l’intero percorso, iniziato due anni fa – afferma Del Corno –. Nel progetto c’è stata una grande attenzione alle molteplici sensibilità del territorio, ma allo stesso tempo abbiamo presentato una proposta credibile e solida".
Nel suo intervento di presentazione lei ha citato Goethe che nel suo ‘Viaggio in Italia’, attraversando la Valdichiana, scrisse ‘Non è possibile vedere campi più belli’.
"Ho ripreso quella frase perché il fulcro del nostro progetto, ‘Valdichiana seme d’Italia’, appunto, è il rapporto tra uomo e natura, un’urgenza contemporanea che tocca la comunità mondiale. La terra quindi non solo da preservare ma da coltivare e valorizzare sempre in grande rispetto ed equilibrio. È chiaro che conti molto il patrimonio artistico e architettonico della Valdichiana ma dobbiamo fare un salto di prospettiva".
Qual è il suo legame con la Valdichiana?
"Come musicista ho inziato a collaborare con il Cantiere Internazionale d’arte di Montepulciano circa trenta anni fa. Una relazione durata nel tempo fino a questo prestigioso incarico, una sfida affascinante per me. Durante il lavoro di stesura ho visitato i dieci comuni, ho incontrato i sindaci, le comunità, alcune suggestioni sono arrivate direttamente dalle associazioni del territorio, un vero progetto partecipativo".
Quale il suo primo pensiero quando le hanno proposto l’incarico?
"Il dubbio di poter essere all’altezza. Mi sono occupato di politiche culturali in passato ma la mia professione è il musicista. Mi ha convinto la qualità del team, professionalità di altissimo livello come Carolin Angerbauer, storica dell’arte e project manager, Laura Fatini, drammaturga e pedagoga, Alessio Biancucci che si è occupato di comunicazione e progettazione e Lorenzo Bui, coordinatore generale. Diciamo che io, per la mia esperienza personale, ho una visione esterna, più metropolitana ma insieme abbiamo creato la giusta energia per raccontare una storia nuova".
78 progetti, 32 opere di arte pubblica e 3 tagli del nastro. un dossier ambizioso per 6 milioni 600mila euro di budget.
"Sì. 6 milioni e 100mila dedicati ai progetti speciali e 500 mila euro ai progetti ricorrenti. L’opera simbolo, la più sfidante direi è ‘Il seme’ di Emilio Isgrò. Si tratta di una scultura con la pietra di Rapolano che verrà posizionata all’Ospedale di Nottola, un luogo dove si riunisce la comunità, di assitenza e soprattutto di ‘cura’, un tema ricorrente nel nostro dossier".
Ha visto gli altri dossier? Quante chance abbiamo di vincere secondo lei?
"Potrei dire il 10 per cento visto che siamo dieci finalisti e tutti hanno presentato bellissimi progetti. Il nostro ha ricevuto molti complimenti, anche della commissione. Al termine eravamo commossi. Vorrei fare un appello però, agli amministratori locali. Indipendentemente dal risultato alcuni progetti significativi andrebbero comunque messi in atto per la comunità. Non abbiamo creato una sommatoria di progetti ma un vero e proprio piano strategico che porebbe dare nuova energia al territorio".