
"Il progetto dell’Università affidato a Adolfo Natalini, ai Tufi. Sembrava cadesse il mondo per un muro demolito. Ora credo sia accettato", ricorda Roberto Barzanti. Il viaggio con i grandi personaggi della cultura legati a Siena e al territorio continua con gli architetti. "Un’infinità - dice -. Risale al 1907 il soggiorno di Le Corbusier. Sono famosi i suoi acquerelli, i disegni del Battistero e del Duomo. Aggiungo l’estone vagabondo Louis Khan: ci ha regalato una vista del Campo da antologia".
Alcuni contributi eccellenti?
"Lasciando da parte i senesi, il primo che viene in mente è Luigi Piccinato, che coordinò il piano regolatore pubblicato nel 1959. Ha salvato Siena".
In tempi a noi più vicini?
"Farei il nome di Giancarlo De Carlo, un protagonista del dibattito teorico internazionale. Cominciò a frequentare Siena nel 1973: ero sindaco e lo invitai al convegno ‘Centri storici e territorio’. Sentì l’incontro come una chiamata a far qualcosa di duraturo. Immaginò i quartiere di San Miniato con una dinamica simile a quella dei collegi universitari di Urbino. Un brano di città che avrebbe dovuto mischiare edilizia popolare, istituti universitari, palestre, uffici e centro civico affidato alla saggezza di Giovanni Michelucci. L’area ha preso forma con sovrammissioni e arrangiamenti tanto che De Carlo si è rifiutato di includerla nel suo catalogo. Lanciammo l’idea di un parco urbano con epicentro la Fortezza. La prospettiva fu bloccata. Dai corsi estivi del suo I.l.a.u.d., dedicati perlopiù al Santa Maria della Scala, poco si è tratto. Del resto l’urbanistica è morta. Siamo in mano a armeni o ad altri signori sconosciuti che nessuno sa a cosa puntino".
Altro?
"Il nostro capolavoro dell’architettura del Novecento resta la stazione ferroviaria progettata da Angiolo Mazzoni, inaugurata nel 1936. Ripristino e aggiunte, disse l’autore, l’hanno massacrata più dei bombardamenti. Parliamo di Piazza Matteotti e la liberazione dallo sconcio baule della Camera di Commercio: il progetto vittorioso di Oriol Bohigas è rimasto nel cassetto".
Le reazioni dei senesi alle incursioni professionali dall’esterno?
"C’è chi si è battuto coraggiosamente e controcorrente, chi si è sbracciato a difendere mattoncini in cotto e scenografie neogotiche. La maggioranza mi pare che abbia coltivato atteggiamenti iperconservatori. L’idea più innovativa è naufragata: il Palazzo della cultura di Alvar Aalto per la Fortezza".
Le modalità di accesso al centro storico?
"Il piano di Ludovico Quaroni, un altro dei grandi transitato da Siena, è stato deformato radicalmente. Per la Lizza-Fortezza non si è fatto quasi nulla, tranne trasformare in parcheggi ciò che doveva essere un parco. E per certe opportune risalite con scala mobile si è dato retta a pressioni associative che hanno svisato le giuste direttrici. La risalita del Costone era proposta più a sud e s’infilava direttamente nel Santa Maria della Scala, sbarcando i fruitori in piazza del Duomo. La forza del’identità antica è stata allergica a innesti incisivi in un organismo che intimorisce e affascina per la sua compiutezza".
Antonella Leoncini