PINO DI BLASIO
Cronaca

La scomparsa di Grossi Da rettore trovò i miliardi per costruire il policlinico

Luminare di chirurgia toracica, guidò l’università senese dal 1979 al 1985 "Bernabei mi offrì la presidenza del Monte, rifiutai per restare in ateneo".

di Pino Di Blasio

Le ultime uscite pubbliche del professor Adalberto Grossi sono tutte legate alle cerimonie nell’aula magna, dalle inaugurazioni di anni accademici ai pensionamenti di docenti e dipendenti. Capitava di vederlo al ristorante assieme ai familiari, salutava sempre in modo affabile. Memore dell’intervista che mi concesse per il libro ’Finestre sul mondo’, la raccolta di lezioni memorabili tenute all’Università di Siena. C’erano anche i dialoghi con i rettori, Adalberto Grossi era uno dei quattro. Il titolo era "Il giorno che rifiutai il Monte", una chiacchierata di tre ore riassunta in una dozzina di pagine. Ecco qualche passaggio.

Professor Grossi, si riconosce tra i rettori che hanno cambiato l’Università di Siena?

"Non tocca a me dirlo, devono parlare i fatti. Prima era un’università con 2 o 3mila studenti, non esistevano problemi con la città. Io venni a Siena, ottenni l’incarico di docente di chirurgia toracica nel 1962. Ero giovanissimo, avevo 30 anni. Ma resistetti poco, andai via da Sienaperché soffocavo"....

Come trovò i 17 miliardi di lire per il Policlinico?

"Quei miliardi non erano destinati per il policlinico. Quando controllai i bilanci dell’Università da rettore, mi ritrovai 17 miliardi di debiti con il Monte dei Paschi. Feci il Don Chisciotte, quel giorno soffrivo per una colica renale improvvisa. Andai a Roma dal ministro dell’istruzione Valitutti, piegato in due per la colica e con una lettera di dimissioni in mano. ’Ministro, non è colpa mia né del mio predecessore perché siete stati voi a liberalizzare gli accessi alle facoltà. Come posso amministrare un ateneo con 17 miliardi di debiti?’ Tornai da Roma con quei soldi in tasca... Un altro colpo di fortuna negli ultimi mesi del mio mandato. Il ministro del Bilancio Romita stanziò 40 miliardi di lire a fondo perduto per il Fio. Fu un bel colpo per me a fine mandato, farsi dare da un ministro tutta quella roba"...

Non è mai stato interessato alla carriera politica?

"Le racconto un aneddoto. Ero all’Università, mia moglie mi chiama e mi dice: ’C’è qui un certo Bernabei, dice che lo manda il presidente’. Io le dico di farlo arrivare in rettorato, nel mio ufficio entrò Ettore Bernabei che mi disse: ’Guarda (il tu era prassi tra democristiani) che il Cipe ieri sera ha scelto te per fare il presidente del Monte dei Paschi’. Io replicai: ’Ringrazia il presidente De Mita, ma mi sembra improponibile che, appena confermato rettore, io lasci l’università per fare il presidente del Monte’. Lui rimase interdetto, non sapeva come spiegare il mio rifiuto a Roma. Mi chiese se avevo qualche nome da suggerirgli, io gli feci quello del professor Enzo Balocchi. Dopo qualche giorno Piero Barucci diventò presidente del Monte dei Paschi e Carlo Zini provveditore. Barucci e Zini mi furono molto grati, mi invitarono a colazione a Rocca Salimbeni. Fu un pranzo frugale, mi ricordo che sulla tavola c’era un pollo arrosto. Mi chiesero che consigli potessi dare loro. Io, memore del tramonto del provveditore Cresti, dissi: ’Fate quel che volete, ma non dormite mai a Siena’. Seguirono abbastanza il mio consiglio. Oggi mi darebbero del cretino per aver detto no a Bernabei. Ma avevo altre aspirazioni e non erano anni facili per il Monte".