
Giacomo Torelli, 36 anni, ingegnere di Acquaviva di Montepulciano
"Ora che faccio parte del team che si occupa delle ammissioni all’università incontro centinaia di studenti, provenienti da ogni angolo del globo, e ho avuto la conferma che i Licei Poliziani non hanno nulla da invidiare alle scuole superiori di tutto il mondo". È la cartolina di mezza estate, positiva e rassicurante, che giunge da Sheffield, città inglese di 500.000 abitanti, presso la cui università insegna Giacomo Torelli, 36 anni, ingegnere di Acquaviva di Montepulciano. "Dobbiamo tenere presente che la nostra è un’isola felice, per le opportunità che offre - prosegue Torelli -, soprattutto nella musica e nello sport. Poi ci sono gli insegnanti, che a scuola non ti frenano ma ti incitano".
Un parere attendibile quello del giovane docente di meccanica computazionale, a Sheffield ormai da cinque anni, con un contratto a tempo indeterminato, che all’insegnamento affianca la ricerca. "Lavoriamo ad un progetto europeo triennale – spiega Giacomo –, nel mio gruppo ho cinque dottorandi e due ricercatori, cinesi, iraniani, arabi, greci e dello Sri Lanka. E’ rappresentato tutto il mondo".
Dopo la maturità scientifica, Torelli si è laureato a Firenze in ingegneria civile e, per la preparazione di una parte della tesi magistrale, ha trascorsi alcuni mesi a Londra, con l’Erasmus. "È curioso che a Londa abbia studiato il comportamento strutturale di edifici storici in muratura, applicato alle torri di San Gimignano - osserva divertito Giacomo -. Ma quell’esperienza mi ha portato a orientarmi verso la prosecuzione degli studi all’estero".
Così Giacomo, che i compagni di liceo ricordano brillantissimo ma mai "secchione" e che fino alla maturità si è diviso tra scuola, calcio e musica, ha trascorso tre anni a Manchester; poi, per due anni, si è trasferito a Cambridge, come ricercatore associato, prima di aggiudicarsi la cattedra a Sheffield, un’università che ha 30.000 studenti e che vive insimbiosi con la città. "Posso dire di lavorare molto - racconta Torelli - ma svolgo un’attività che mi piace e mi appassiona, in una bellissima università, quindi non sento né la fatica né il sacrificio. Poi, appena posso, monto in sella alla mia bici, italianissima fino all’ultimo componente, e vado alla scoperta delle meravigliose colline del Peak District.
Un italiano è considerato, di default, soprattutto un intenditore di cibo e di vino: quindi è invariabilmente mia la responsabilità della scelta dei posti dove mangiare. C’è anche chi bussa al mio ufficio, per gustare un buon caffè. Ma soprattutto ho dovuto imparare a fare la pizza: così riunisco a casa mia il team, felice di poter gustare un piatto veramente universale".
Diego Mancuso