"I no vax rifiutano anche le cure, è frustrante"

In media due su tre dei ricoverati oggi non sono vaccinati. L’allarme del professor Federico Franchi per l’aumento dei casi

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E’ sempre più la pandemia dei no vax negli ospedali: sono in aumento i numeri dei non vaccinati che si ammalano e poi sono restii o addirittura, in alcuni casi, rifiutano le cure in ospedale, mettendo in difficoltà il personale sanitario e togliendo tempo e risorse a chi invece si rivolge con fiducia all’ospedale per essere curato: nei ricoveri Covid in media 2 su 3 sono non vaccinati. Ne abbiamo parlato con il professor Federico Franchi, responsabile della Covid Unit.

Sono aumentati i no vax ricoverati. Che tipo di approccio hanno alle cure?

"Non tutte le persone non-vaccinate hanno lo stesso tipo di approccio. Alcuni non si sono vaccinati per paura o indecisione. In genere sono spaventati ma collaboranti; hanno fiducia in tutto il personale e si lasciano curare. Altre persone non sono vaccinate per scelta, convinti delle proprie ragioni; alcuni di loro hanno avversione verso certe terapie, ma sono collaboranti e accettano gran parte delle cure, non mostrando sfiducia verso il personale. Ci sono infine pazienti che hanno completamente perso fiducia verso l’intero sistema sanitario. Non poter instaurare il rapporto fiduciario medico-paziente, alla base delle nostre cure, rende l’approccio e l’assistenza a questi pazienti molto complessa e non sempre riusciamo a recuperare il rapporto".

Com’è cambiata la percezione della malattia da parte dei pazienti tra la prima ondata e quella che viene ora definita quarta ondata?

"I vaccinati e i pazienti che rimpiangono di non essersi vaccinati, sono spesso impauriti e temono l’evoluzione della malattia. A livello di sintomatologia non differiscono molto dai pazienti delle precedenti ondate. I pazienti non vaccinati, con difficoltà ad accettare le cure, tendono a sottovalutare spesso la malattia e la sintomatologia".

Cosa può fare il medico davanti a una persona che rifiuta le cure?

"E’ molto frustrante. Avere la convinzione di poter fare qualcosa che potrebbe migliorare le condizioni cliniche di un paziente, fino a salvargli la vita in alcuni casi, e trovare dall’altra parte una perdita di fiducia in te e quello che vuoi fare, rende il lavoro molto pesante per tutti. Le condizioni di lavoro sono sempre le stesse e sono molto impegnative, in più ora impieghiamo tanto tempo a cercare di spiegare e giustificare le scelte terapeutiche e assistenziali, e purtroppo talvolta non otteniamo risultati. Il tanto tempo dedicato fa sì che siamo poi costretti a restare dentro la bolla Covid molto tempo in più per dedicare il tempo adeguato a chi vuole, giustamente, essere curato. Il risultato è che aumenta tanto il lavoro e, di conseguenza, la fatica fisica e mentale".

Qual è il suo messaggio per chi, anche davanti l’evidenza, continua a rifiutare le cure?

"Lasciateci lavorare, nessuno di noi lavora nell’area Covid per un motivo diverso dal voler aiutare pazienti dei quali purtroppo conosciamo bene le sofferenze. Rifiutare le cure è pericoloso per chi non vuole farsi curare e crea disagio a chi invece aspetta di essere visitato".