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"Giustizia per Lavinia". Bimba investita all’asilo la maestra ricusa il giudice

La donna, imputata per omessa vigilanza, si è anche offerta di assistere la bambina, in stato vegetativo da cinque anni. Il padre: "Per noi un insulto".

"Giustizia per Lavinia". Bimba investita all’asilo la maestra ricusa il giudice

"Ho l’impressione che in questo paese si sia sempre molto attenti ai diritti di Caino, dimenticando che la vittima è solo e soltanto Abele". Massimo Montebove, giornalista nostro collaboratore, poliziotto e sindacalista, combatte da oltre 5 anni, assieme alla compagna Lara Liotta, una battaglia giudiziaria per capire come è stato possibile che nel 2018 la loro figlia Lavinia, che all’epoca aveva 16 mesi, sia stata dimenticata nel parcheggio dell’asilo nido che frequentava a Velletri, in provincia di Roma, e poi investita da un auto che l’ha ridotta in stato vegetativo. A processo la maestra Francesca Rocca, titolare del nido, che ha la posizione più grave, e l’investitrice Chiara Colonnelli. La piccola, che oggi ha 6 anni e mezzo, vive a casa dei coniugi Montebove che hanno altri 2 figli, assistita per 12 ore al giorno da infermiere, oss e terapiste. Per metà giornata la gravosa assistenza domiciliare è a carico della famiglia.

Montebove, il processo di primo grado è arrivato alla diciassettesima udienza con un nuovo rinvio a lunedì prossimo. È vero che la maestra si è resa disponibile ad assistere Lavinia per riparare il torto?

"Sì. Il suo legale ha dato conto di una lettera a lei attribuita dove si è resa disponibile ad aiutarci. La maestra, accusata di lesioni personali gravissime in danno di Lavinia per non aver badato a lei come avrebbe dovuto e di abbandono di minore per aver portato direttamente mia figlia in ospedale, senza chiamare il 118, lasciando gli altri bambini presenti nel nido da soli, non ha ancora capito che ci troviamo di fronte a una condizione di salute così drammatica da necessitare di assistenza sanitaria qualificata. Piuttosto perché non si offre di pagare una infermiera privata che ci aiuti nelle ore non coperte dalla Asl?",

Lei e la sua compagna Lara avete vissuto come una provocazione questa proposta?

"Un insulto a Lavinia, l’ennesimo di questa maestra che durante il processo ci ha offerto un euro di risarcimento e che ha portato a testimoniare un’amica che ha raccontato palesi inesattezze per tentare di alleggerire la sua posizione, tanto che siamo stati costretti a denunciarla. In questi 5 anni non si è mai scusata, non ha mai ammesso le proprie responsabilità e non ci ha mai risarcito. Il suo avvocato è arrivato a dire che Lavinia si è sottratta al controllo della maestra cioè sostanzialmente quello che è accaduto sarebbe colpa di mia figlia".

Il legale della Rocca ha sostenuto che è stato lei a impedire alla maestra di avvicinarsi alla famiglia. È vero?

"Assolutamente no. Ci ho parlato solo una volta dopo l’incidente, quel maledetto 7 agosto 2018, quando eravamo all’ospedale Bambino Gesù di Roma con Lavinia che secondo i medici poteva non arrivare a mezzanotte, tanto che si cominciava a parlare di espianto degli organi. Voglio anche ricordare che Rocca, nel portare Lavinia in ospedale a Velletri senza chiamare i soccorsi, abbandonando gli altri bimbi del nido, oltre ad aver probabilmente peggiorato il quadro sanitario di mia figlia, ha chiamato urlando la mia compagna per dirle brutalmente ciò che era successo, tanto da causarle un malore. Quando la maestra mi ha detto via telefono di voler venire in ospedale a vedere Lavinia, le ho detto che per il momento non era opportuno. Da allora nessun altro contatto".

Ora però si offre di aiutarvi.

"Lo ha fatto dopo 5 anni di silenzio per tentare di ottenere la messa alla prova, un provvedimento che se approvato porterebbe all’estinzione del reato e alla fine del processo senza una sentenza. Il giudice su questa richiesta si è astenuto, il presidente del tribunale ha invece chiarito che può decidere, l’avvocato della difesa ha presentato istanza di ricusazione, che riproponendo gli stessi argomenti dell’astensione è a nostro avviso infondata. Il tentativo di perdere tempo per non arrivare alla verità è chiaro".

Pensa che alla fine otterrete giustizia?

"Non lo so. Voglio ancora sperarlo. I tempi si stanno allungando troppo, siamo ancora in primo grado dopo oltre 62 mesi dal fatto e il rischio prescrizione incombe sempre. Una sentenza in realtà purtroppo c’è già stata. Si tratta di una condanna a vita, quella patita da una bambina che a 16 mesi era sana e vivace e che oggi si trova in un letto in stato vegetativo irreversibile".