Finoli: "Un asado per accendere il gruppo"

Il palleggiatore argentino sportivo totale. "Sarei stato tennista se non avessi giocato a volley. Tifoso del River, Siena è stata una sorpresa"

Migration

Juan Ignacio Finoli proviene da una famiglia di sportivi: fratello palleggiatore, madre tennista, anche la fidanzata (italiana, di Ragusa) gioca a pallavolo. Non si pensa ad altro, in casa Finoli… "Con la mia famiglia parliamo sempre di volley, guardano tutte le mie partite, il dopogara non finisce mai. Già io ripenso a tutto quello che è successo, poi loro mi chiedono tutto. L’unica cosa che mi fa staccare dal volley è la musica; mi piace fare il dj, mi aiuta a distrarmi, è una bella valvola di sfogo".

Quando ha iniziato a giocare?

"Da piccolo, avevo 7 anni. Ho provato tanti sport, ho giocato a calcio, tennis, scherma, pallamano, hockey. A un certo punto dovevo decidere, la pallavolo è stata la scelta giusta".

Segue ancora gli altri sport?

"Certo. Sono tifoso del River Plate. Ogni volta che torno a casa provo ad andare a vederli".

Il suo idolo?

"Marcelo Gallardo. Come giocatore e come allenatore. Gli anni con lui sono stati molto belli".

Ha visto dal vivo il Superclasico?

"Sì. È difficile da raccontare, in Argentina c’è tanta rivalità, con qualsiasi squadra, ma per River-Boca c’è tanta emozione, tensione, è una partita ‘matar o morir’ come si dice da noi. È uno spettacolo bellissimo".

Origini spagnole e italiane…

"Mio nonno materno era catalano, mentre la famiglia di mio padre proviene dall’Abruzzo, da Atessa. Due anni fa ci sono stato, è stato molto bello".

Se non avesse fatto il palleggiatore?

"Avrei fatto il giocatore di tennis. Mia madre era tennista, mi portava ai suoi allenamenti, la sua allenatrice mi ha messo in campo e ha detto ‘questo è bravo’. Sono stato combattuto fra tennis e volley".

A Bergamo era molto apprezzato per le grigliate…

"Qua sinceramente ne ho fatte poche. Per me e per la mia ragazza le faccio ancora. Sono appassionato di cucina, se sono in compagnia mi piace tantissimo farlo. È una cosa che mi manca, lo facevamo tanto con la squadra per unire il gruppo, al di là della palestra".

Il suo impatto con Siena?

"Quando ero venuto a giocare non avevo visto la città. Le trasferte sono così, arrivi in hotel, ti alleni, giochi e riparti. Siamo arrivati una sera d’estate con la mia ragazza dopo tredici ore di viaggio, siamo arrivati in centro la sera che preparavano la piazza per il Palio. È stata una cosa meravigliosa, tutti mi avevano parlato bene di Siena, ma dal vivo è stata una sorpresa bellissima. Poi siamo andati anche al Palio, è stato emozionante".

Resterà in Italia a fine carriera?

"È un’idea che ho. Mi sono trovato bene, è più vicino a casa possibile. Ho fatto amicizie dappertutto".

In Superlega si aspettava un impatto diverso?

"C’è un cambio di livello enorme. Tecnico, di altezze, di velocità, la Superlega è estremamente diversa. Pian piano ho capito cosa serviva a me e alla mia squadra per fare meglio, secondo me adesso stiamo giocando una pallavolo migliore. Certamente possiamo fare ancora meglio, questa squadra ha delle potenzialità da esprimere. Sono fiducioso. La vittoria di Piacenza non è un caso".

Il momento più difficile della stagione?

"Quando se n’è andato Paolo. È sempre un momento tosto, perché venivamo da tante sconfitte, il cambio è stato brusco. Ce l’abbiamo messa tutta per dare il meglio in quel momento".

Cosa bisogna fare adesso?

"La vittoria di domenica non ha cambiato niente, dobbiamo continuare ad allenarci per migliorare. Ci deve servire per continuare, ma una partita non ci cambia. Serve continuità".

Stefano Salvadori