Fanfani, politico per tutte le stagioni

Una foto una storia Per farsi perdonare la curva sull’Autosole, favorì il Policlinico senese e la Emerson

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L’anno è il 1985 e l’attenta macchina fotografica di Augusto Mattioli ferma nel tempo un trio della Democrazia Cristiana che da lì a poco tempo doveva frammentarsi in mille rivoli, senza tuttavia mai perdere la propria identità. Siena al centro di attenzioni politiche con il trio Brandani-Fanfani-De Mita. Soffermiamoci sul politico per eccellenza: Amintore Fanfani, famoso collante di grande intuito della sinistra democrazia. Per molti resta, il probabile autore della famosa e determinante deviazione dell’autosole verso la sua Arezzo, la celebrata "curva Fanfani".

Leggenda o storia? Quello che è certo è che si cercò poi di rimediare a questa libera interpretazione della via Francigena con iniziative legate al senese, ad esempio lo spostamento dell’allora fabbrica Emerson, nella costruzione di un policlinico che, al tempo, aveva molte più specializzazioni di altri della regione.

Ma Fanfani è e resta l’uomo per tutte le stagioni, il politico astuto che non muore mai, che assomiglia alla mitica fenice, come ministro, deputato o presidente della sua complicata Democrazia Cristiana. Mentre De Mita ci appare lontano, legato a precise stagioni politiche, il buon Amintore, quello che prima di altri pensò che il partito socialista di Pietro Nenni era "il male minore" e che ci si doveva finalmente aprire al centro-sinistra, resta un simbolo di scontri ideologici che hanno segnato il pubblico e il privato di una nazione e, in questo caso, di un localismo che la faceva sempre da padrone. Simboleggia la perseveranza, la tenacia, il saper sempre risorgere, anche quando tutti erano convinti che avesse imboccato la via del tramonto, tanto che Indro Montanelli intitolò un celebre articolo con un lapidario "Rieccolo".

Così l’autostrada prese un’altra direzione e probabilmente tutta l’attenzione della politica italiana si voltò contro Siena. Fu un bagno di sangue dal punto di vista economico, con un declassamento viario di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze.

Dall’altro fu un involontario modo di preservare la bellezza di un territorio. Entrammo insomma nella possibile definizione di "indiani in riserva" e lui fu il nostro generale George Armstrong Custer, anche se non ha mai vissuto la sua Little Bighorn. E’ scomparso infatti proprio a fine secolo, nel 1999, in una abitazione ad uno sguardo da quel palazzo Madama che lo aveva visto mille volte assoluto protagonista.

Massimo Biliorsi