REDAZIONE SIENA

E’ morto il fantino Pel di carota Sempre a Siena con la terra in Piazza

Il debutto nell’Istrice quando fermò la Lupa e prese 8 Palii di squalifica. Poi corse nella Selva. Ha onorato Siena fino all’ultimo giorno, vivendo di pastorizia in un angolo sperduto della campagna

Per trovare la sua casa, fra i fitti boschi di Chiusdino, ti dovevi perdere fra mille sentieri più adatti ai cinghiali che alle auto. Questo il primo ricordo di Arturo Dejana, in arte paliesca Pel di carota, così chiamato per i suoi rossicci capelli e la folta barba che lo contraddistingueva da ormai molti anni. E’ scomparso a quasi 85 anni, lui che era nato a Ilbono, in terra nuorese, il 19 gennaio del 1938. Con due sole Carriere è entrato nella leggenda. Del resto questa è la legge non scritta del Palio, dove non solo c’è attenzione per tutti, ma si prediligono gli eroi sfortunati, oppure capaci di gesta che sono restate alla storia. Pel di Carota esordisce nell’Istrice il 2 luglio 1966 con Bolero. Il cavallo è modesto e lui ha un compito ben preciso, fermare ad ogni costo il potente Danubio nella Lupa, che è montato da Bozzolo, pronto a cadere e a farlo correre scosso. Pel di Carota diventa una sorta di circense in vena di acrobazie, tanto da prendere per le briglie il cavallo di Vallerozzi. Il gesto lo fa diventare un eroe dei quattro colori ma gli costò 8 Carriere di squalifica. Praticamente gli anni migliori da spendere sul tufo. Ma lui non demorde, si allena, si avvicina alla Selva di Capitan Rugani che lo monta il 2 luglio 1972 sulla difficile Pitagora, al suo esordio e non ancora famosa per andare a diritto a San Martino. Parte malissimo e nel cercare un affannoso recupero al primo Casato va ad impattare con Panezio nell’Oca. Involontariamente, prende le briglie di Fontebranda. Stavolta però le polemiche si spegneranno subito. Da qui una vita intera di delusioni ma anche di buoni contradaioli che lo hanno sempre trattato con rispetto e con affetto, soprattutto nelle due contrade che lo hanno montato. Nella lunga intervista per "Lindbergh", il primo format che lo ha intervistato dopo molti anni, racconta dalla promessa del 1974 di montare di nuovo nella Selva con Rimini, ma si preferisce Canapino che l’allena. Nella sua voce traspariva sempre un’ombra di malinconia, per quello che poteva essere. Ha amato Siena fino all’ultimo giorno, vivendo di pastorizia in un angolo sperduto della nostra campagna. Ma i giorni del Palio correva a Siena per respirare un po’ di aria buona. Quella che lo aveva fermato dalle nostre parti.

Grande il cordoglio del mondo contradaiolo, tanti continuavano ad andarlo a trovare. Ma anche l’Associazione ’L’Unione fa la forza’ e i suoi compaesani sardi di Siena, Grosseto e Pisa si sono uniti ieri al dolore per la scomparsa dell’uomo e del fantino Pel di carota.

Massimo Biliorsi