REDAZIONE SIENA

"Derivati Mps, nessun ostacolo a Bankitalia"

Le motivazioni dell’assoluzione piena in appello per Mussari, Vigni e Baldassarri. L’avvocato Pisillo: "Amarezza per gli otto anni perduti"

"La seconda sentenza d’appello certifica che Banca d’Italia, al momento dell’ispezione, era stata messa in condizione di conoscere ogni dettaglio negoziale ed economico dell’operazione Alexandria. Ci sono voluti ben otto anni per accertare un fatto già chiaro all’esito del giudizio dinanzi al Tribunale di Siena. Abbiamo assistito a una richiesta di pena di 7 anni di reclusione, e un appello che reclamava l’aumento dei 3 anni e mezzo irrogati in primo grado; pene richieste per fatto che non sussiste. Oggi è giusto esprimere la massima soddisfazione giacché un fatto, chiaro sin dall’inizio, è stato giudizialmente riconosciuto come tale era. Resta l’amarezza per il tempo trascorso, per i fiumi di parole versate a sostegno di una tesi oggettivamente insussistente, per le sofferenze inferte". E’ solo l’epilogo del lungo commento dell’avvocato Fabio Pisillo, legale dell’ex presidente di Banca Mps Giuseppe Mussari, sulle motivazioni della seconda sentenza della corte d’appello di Firenze, che ha riformulato le assoluzioni per Mussari, l’ex direttore generale Antonio Vigni (difeso dall’avvocato Enrico De Martino) e l’ex capo della finanza Gianluca Baldassarri (difeso dall’avvocato Filippo Dinacci) sull’intricata storia del ’mandate agreement’ per i derivati Alexandria e Santorini. Su impulso della Cassazione, l’assoluzione dall’accusa di ostacolo all’autorità di vigilanza è "perché il fatto non sussiste".

Più lapidario il commento dell’avvocato di Antonio Vigni, Enrico De Martino: "Le motivazioni hanno definitivamente spazzato via la cortina fumogena alimentata sul mandate agreement che avrebbe impedito a Bankitalia e Consob di capire l’essenza e le conseguenze del contratto Alexandria".

L’avvocato Pisillo ha ripercorso nel suo commento tutto l’iter giudiziario del caso; iniziato con il rinvio a giudizio per Mussari, Vigni e Baldassarri, davanti al Tribunale di Siena, il 26 giugno 2013. "Il 13 ottobre 2014 - ricorda il legale - il tribunale di Siena condannò l’avvocato Mussari a tre anni e sei mesi di reclusione. Sia la procura che gli imputati fecero ricorso in appello: la procura chiese di riformulare la pena a sette anni di reclusione. Nel corso del giudizio d’appello le difese produssero una serie di contratti tra Nomura e MPS (il noto Deed), relativi all’operazione Alexandria. Contratti che erano stati forniti a Bankitalia durante l’ispezione e che dimostravano come nulla era stato nascosto all’autorità, visto che era certamente ricavabile il collegamento giudico e economico finanziario delle operazioni che avevano consentito la ristrutturazione di Alexandria".

Il Deed fu anche consegnato dalla Consob agli inquirenti di Siena e fu la base della sentenza di assoluzione, il 7 dicembre 2017 per tutti e tre gli imputati "peché il fatto non costituisce reato". Detto in altre parole, l’ostacolo all’autorità di vigilanza ci sarebbe stato, ma non era provato che Mussari, Vigni e Baldassarri avessero voluto ostacolare Bankitalia. Per riassumere le successive fasi, contro la sentenza della Corte d’Appello e il passaggio in Cassazione, con relativa richiesta di assoluzione piena, si arriva alle motivazioni di ieri della Corte d’Appello di Firenze dell’assoluzione del 15 maggio. "La Corte ha statuito che non c’è stato alcun occultamento e che il collegamento finanziario era assolutamente evidente, sin dal processo di primo grado, grazie alle deposizioni dei testi , aggiungendo che la mancanza del Mandate non aveva costituito alcun ostacolo, né un rallentamento, all’attività ispettiva di Banca d’Italia".