
Così in basso Siena non era mai scesa dal 1953. Quell’anno la regina Elisabetta saliva al trono appena 25enne. Elvis Preasley incideva il suo primo singolo, la Rai debuttava nella prima telecronaca di una partita: il secondo tempo di Italia-Cecoslovacchia. Dall’altra parte dell’Atlantico, il biologo Francis Crick scopriva la struttura del Dna. A Siena, Tartuca e Selva vincevano i palii di Provenzano e dell’Assunta. E la popolazione, dentro e fuori le mura, sfiorava i 54mila abitanti. Una manciata in più di quelli che, ora dopo 68 anni, ci ritroviamo. La morale? Siena è una delle poche città toscane dove l’evoluzione demografica è piombata sulla macchina del tempo. Tornando, in retromarcia, ai livelli dell’immediato Dopoguerra.
Dal 1990 a oggi si sono persi 4.022 senesi. Messi tutti a sedere, basterebbero a riempire un terzo dello stadio Franchi. Un male o un bene? Dipende. La certezza: se nel 1990 in città c’erano quasi 58mila senesi e oggi ne risiedono solo 53.723 è segno che qualcosa nella qualità della vita o fra le lenzuola delle famiglie, è andato storto. Culle vuote e fughe in altri Comuni. Le cose non migliorano allargando lo sguardo. In Toscana, secondo i dati Istat, tra il 1951 e il 2019 la popolazione è aumentata in tutte le province, ad esclusione di Siena che registra, sola con Massa Carrara, un’emorragia di quasi 12mila residenti. Passando a setaccio l’ultimo report della Fondazione Mps su welfare e il contrasto alle diseguaglianze è impietoso: il tasso di natalità, negativo sia a livello toscano che italiano, per la provincia di Siena lo è ancora di più. E nel 2020 ha avuto una contrazione del -9 per cento. Tre volte superiore a quella Toscana.
L’ultimo colpo di reni è arrivato nel 1971, l’anno d’oro nella storia della città dal Medioevo a oggi. Quell’anno i residenti erano 65.634. Una vetta mai più sfiorata.Cresce anche l’età media. Si invecchia dai 46 anni del 2010 ai 47,7 del 2020. Ma il problema dove sta? Troppo pochi i giovani. Arrampicandosi sulla piramide dell’età si scopre che, a Siena, dai 70 in su ci sono 11.904 residenti. Mentre quelli dagli 0 ai 14 sono appena 5.946. In pratica un abitante su 5 ha più di 70 anni. Gli ultranovantenni sono un manipolo di 1.264 persone, quasi quanto i 1.600 bimbi ancora in culla o quasi, fra gli 0 e i 4 anni. In una parola: una palude demografica. Nulla si muove e tutto ristagna.
Con il rischio di far soffiare, nel tempo, la micro-deflazione: minori spese e mobilità, minor forza lavoro e più individui in pensione. Piacevole, forse, finché resta un venticello. Pericolosa se dovesse diventare burrasca trasformandosi in meno liquidità per le imprese a causa del calo graduale dei prezzi. Ma allora è tutto da sbagliato? No. A tenere alti i battiti del cuore della città ci hanno pensato profonde iniezioni di adrenalina: l’arrivo di persone da fuori dei confini comunali. Solo nel 2020, annus horribilis per la demografia a causa del Covid, il saldo migratorio fra chi è entrato e chi è uscito dal Comune è stato positivo: in 1.616 hanno preso la residenza a fronte dei 1.395 in fuga, di questi ultimi l’80 per cento è andato verso altri Comuni. In pratica un acquisto di 221 persone. Gocce in un mare d’acqua, ma il segnale almeno non è da buttare via.
A preoccupare invece è il saldo naturale. Il rapporto fra quanti nascono e quanti muoiono. La media è di una perdita di circa 400 senesi ogni anno. Nel 2019, si sono registrati 759 decessi a fronte di sole 339 nascite. Nel 2020 idem: 730 decessi e 309 neonati. In parole povere: mentre un bimbo viene alla luce, due senesi (e mezzo) muoiono. Troppo poco per crescere, il modo ideale per fare il passo del gambero. Di questo passo fra 20 anni avremo perso altri 8mila senesi. Tornando non più al 1953, ma alla popolazione del 1931. Serve una soluzione per bloccare la macchina del tempo demografica prima che riaccenda il motore.
Claudio Capanni