Cinotti, l’occhio che vede l’invisibile. La fotocronaca si trasforma in arte

Una foto una storia Per decenni ’obiettivo’ de La Nazione, raccontò la città in migliaia di scatti

Cinotti, l’occhio che vede l’invisibile. La fotocronaca si trasforma in arte
Cinotti, l’occhio che vede l’invisibile. La fotocronaca si trasforma in arte

I veri fotografi non hanno certo bisogno di parole, basta una loro immagine che racconta da sola un piccolo universo. Colto da Augusto Mattioli, un fotografo che ne fotografa un altro, ecco Pietro Cinotti che "adoperiamo" con piacere per raccontare di questi altri protagonisti dell’informazione, per un lavoro spesso sotterraneo a cui attingiamo per corredo alle nostre parole. Il fotografo riesce a fare quello a cui è negato ad altre categorie: mettere sullo stesso piano della creatività testa, occhio e cuore. E quando questa alchimia funziona, i risultati sono ancora e sempre sorprendenti. Pietro Cinotti ci accompagna da molti anni, è un fotografo che si concede all’arte ma con la praticità di chi ha lavorato per molti anni alla cronaca quotidiana, al "cotto e mangiato", che riesce a vedere quello che per noi, poveri profani, è semplicemente l’invisibile.

E’ davvero un campione nei ritratti: non ci concede solo un volto, ma sembra che voglia scavare, raccontare anche l’anima di quella persona. Per questo la sua fotografia, e quella dei suoi compagni d’avventura che ben conosciamo, non è altro che la storia che non è riuscita a tradursi in parole. E non era assolutamente necessario. Lui e gli altri colleghi senesi hanno la bella, stimolante ma anche impegnativa prova del Palio. Il difficile è raccontare i sentimenti, andando oltre il tecnicismo della corsa: il bello sono i contradaioli, le loro contraddizioni, i cuori che palpitano e che diventano smorfie, colori e lacrime. E in questo Cinotti è un maestro: qui lo vediamo ad una presentazione di un drappellone, un "dietro le quinte" che chi lo conosce può capire il suo stato d’animo.

Si dice che lo strumento non sia la macchina fotografica, sempre in continua evoluzione, ma il fotografo stesso. E’ un maestro anche lui del racconto oltre l’ufficialità, perché riesce a far diventare protagonista quelli che altrimenti non riescono ad esprimersi da soli. Qui sta la forza di un vero fotografo. E poi il suo carattere: ironico, pronto alla battuta, capace di immergersi in quello che deve dipingere, più che fermare come immagine. E’ il primo a sapere che la fotografia è un illusione, un artificio del suo autore. La realtà è ben altro. Quindi è un "raccontatore" di favole, di leggende. Grazie a lui e a tutta la ricca squadra di maestri dell’immagine con cui ci confrontiamo spesso e molto volentieri.

Massimo Biliorsi