Non aveva maltrattato tre cavalli da Piazza che allenava nella sua scuderia, aveva stabilito il tribunale di Siena nella sentenza del 18 giugno 2019 su una delle vicende più delicate e che avevano fatto parlare il mondo dei cavalli. Ma il fantino che ha scritto la storia del Palio degli anni Duemila, Luigi Bruschelli detto Trecciolino, 13 vittorie, era stato condannato a 4 anni e 6 mesi per i falsi sia materiali che ideologici relativi alla vicenda dei cavalli scambiati. Romantico baio e Robinson, si ricorderà, sarebbero stati in realtà non mezzosangue com’era stato fatto credere al Comune di Siena, indotto in errore, ma i puri Captain Forest e Boliwood. Di questa vicenda si è tornati a parlare ieri a Firenze, davanti ai giudici della Corte di appello (fra questi anche Angela Annese e Francesco Bagnai che sono stati a lungo nel nostro palazzo di giustizia), a cui si erano rivolti impugnando la sentenza di primo grado sia Trecciolino che l’altro imputato condannato a Siena, il veterinario Mauro Benedetti: 2 anni e 4 mesi. I loro difensori, Enrico De Martino per il fantino e Virna Faccenda per il professionista, aveva appellato il pronunciamento del 2019. Lo stesso aveva fatto il pm Sara Faina relativamente all’assoluzione per il maltrattamento di animali con formula piena. I cavalli di cui si parlava nel procedimento, preparati in vista delle Carriere 2016, erano S’othieresu, Fulmine femmina e Mocambo. L’accusa era di aver somministrato antinfiammatori per partecipare all’addestramento a Mociano aumentandone la performance ma, come detto, Trecciolino per questo era stato scagionato completamente. E assolto.
Sia il fantino che il veterinario erano presenti all’udienza di ieri a Firenze nel corso della quale il procuratore generale ha chiesto la conferma della sentenza e l’accoglimento dell’appello della procura per i presunti maltrattamenti. In aula anche gli avvocati delle associazioni animaliste e il legale Fabio Pisillo che assiste il Comune di Siena, parte civile soltanto per i reati di falso riguardanti i cavalli scambiati, poi iscritti all’Albo e presentati alle prove di Mociano e Monticiano organizzate dall’amministrazione.
La difesa Bruschelli ha ribadito la mancanza di prove del reato, che insomma il cambio di chip fosse attribuibile al fantino, unitamente alla sua buona fede. Chiedendo a conclusione di un intervento particolarmente articolato, in subordine, una diversa qualificazione giuridica dei reati che potrebbero essere semmai puniti con una sanzione pecuniaria. La Corte d’appello non si è pronunciata rinviando per le repliche e appunto per la sentenza.
La.Valde.