PINO DI BLASIO
Cronaca

Biotecnopolo, l’attesa che la bufera si plachi Poi gli incontri per cominciare il futuro

Il direttore scientifico Rino Rappuoli è tornato da Washington per definire il ruolo che avrà Anthony Fauci nel centro antipandemie "Lascerà l’NIH a fine dicembre, il suo supporto all’avventura senese è scontato". Dopo il board la missione a Bruxelles da Hera

di Pino Di Blasio

Rino Rappuoli, direttore scientifico del Biotecnopolo e figura centrale nella creazione del Centro Nazionale antipandemie, preferisce far calmare un po’ le acque, far decantare le polemiche, permettere che le scorie evaporino per avere un orizzonte strategico più chiaro. E’ appena tornato dalla festa all’ambasciata italiana a Washington, a villa Firenze, in onore di Anthony Fauci, che dal 25 dicembre non sarà più alla guida del National Institutes of Health, dove ha lavorato per 54 anni, 38 dei quali come direttore dell’istituto per le allergie e le malattie infettive. "Fauci supporterà sicuramente - ha confermato Rappuoli al suo ritorno da Washington - la sfida del Biotecnopolo, ma fino a quando non lascerà l’NIH non potremo decidere che ruolo potrebbe giocare. Lo vedremo in seguito. Perché anche Fauci è convinto che quello che vorremmo creare a Siena sia paragonabile con l’Istituto americano da lui diretto che negli anni Novanta fu decisivo per la lotta all’Aids".

Per il Biotecnopolo di Siena, e la sede è sancita da una legge e dallo statuto della Fondazione, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26 agosto, la dote patrimoniale fino al 31 dicembre sarà di 9 milioni di euro, poi 12 milioni nel 2023 e 16 milioni all’anno a partire dal 2024. Il centro nazionale antipandemie, emanazione del Biotecnopolo, avrà una dote complessiva di 340 milioni fino al 2026, anno di scadenza dei fondi Pnrr. "Vogliamo creare un’eccellenza mondiale che ha sede a Siena ma che sia aperta al pianeta. Vogliamo essere pronti per la prossima pandemia" ricorda Rappuoli, che cita anche i numeri dati dal presidente della Fondazione Silvio Aime. Che all’ormai noto dibattito al Festival della Salute, aveva riassunto i prossimi passi e i rischi di pandemie sui quali si focalizzerà il Centro nazionale: "Ci dedicheremo allo studio e allo sviluppo dei vaccini, degli anticorpi monoclonali e della resistenza agli antibiotici. Aspettiamo che il direttore scientifico Rino Rappuoli presenti il piano pluriennale delle attività sui cui sta lavorando. La stima è che il Biotecnopolo possa reclutare tra le 200 e le 300 persone nei prossimi quattro anni".

Mettere a punto in anticipo terapie e vaccini da usare in caso di bisogno, sperando anche che non arrivino altri virus planetari. E’ l’unico sistema per non farsi trovare totalmente impreparati, come è accaduto nel 2019 con il Covid in tutto il mondo, e con reazioni da parte di grandi potenze e Paesi più piccoli schizofreniche e arroganti in diversi casi, oculate ed efficaci in altri, improvvisate e poi ricalibrate nella maggior parte degli Stati.

In attesa che le polemiche decantino a Siena e che le scorie degli ultimi passaggi si sedimentino, Rappuoli aggiornerà il suo piano industriale strategico per il Biotecnopolo, lo presenterà al board presieduto da Aime e dove siede anche il suo amico Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica e accademico dei Lincei, e poi proverà a spiegare alla città cosa saranno la Fondazione e il Centro Nazionale, cosa potranno fare le imprese della galassia delle Scienze della Vita, perché Siena dovrebbe scommettere sull’apertura e sull’attrazione di talenti da tutto il pianeta, piuttosto che fare i conti su quanto potrebbe guadagnarci e quante fette di quella torta da 400 milioni di euro almeno possano toccare alla città. Poi volerà a Bruxelles per incontrare i vertici di Hera, l’autorità europea per le emergenze sanitarie, centro unico d’acquisto per vaccini e medicinali.

Il direttore scientifico ribadirà, con la stessa solerzia di un martello pneumatico che gli sforzi delle ricerche saranno concentrati soprattutto sui batteri, più ostici dei virus, e sulla lotta all’antibiotico resistenza. Chi scrive sente questo ritornello da cinque anni, ogni volta aggiornando il numero delle vittime potenziali da qui al 2050. L’antibiotico resistenza potrebbe fare 10 milioni di morti all’anno, più delle 8 milioni provocate dal cancro nel mondo. Oggi siamo già vicini ai 4 milioni di vittime, pochissimi ricordano in Toscana che, due mesi prima del Covid, negli ospedali stava prendendo corpo l’incubo della New Dehli, un batterio che aveva fatto tre vittime. Ed è proprio uno di quelli antibiotico-resistenti.