
Angela Buccella
Siena, 8 marzo 2019 - ANGELA Buccella, ingegnere chimico, 29 anni, è uno dei simboli di come la multinazionale Gsk applichi all’interno delle aziende le politiche di inclusione e di tutela delle diversità. La sua storia può fare da paradigma per capire come ogni dipendente, giovane o anziano, uomo o donna, possa crescere e fare carriera, acquisendo la consapevolezza del suo talento, senza subire freni esterni.
«Compirò 30 anni tra qualche mese - è l’esordio dell’ingegner Buccella - sono nata in Abruzzo, mi sono laureata in ingegneria chimica a L’Aquila, studiando cose che con l’industria farmaceutica c’entravano poco. Mi occupavo di catalisi industriale e delle sue applicazioni».
Perché è venuta in Toscana?
«Ho cercato lavoro per ragioni personali in Toscana. Ho fatto due colloqui con due gruppi, uno dei quali era Novartis all’epoca. Nel novembre 2014 sono entrata come stagista in uno dei laboratori di sviluppo dei prodotti. Tra le mansioni c’era quella di portare i processi di produzione su scala da laboratorio, creare dei modelli per migliorare in vitro le fasi della produzione».
Era il primo scalino?
«Sì. Poi ho cambiato reparto, sono entrata nel sistema di validazione dei processi, in particolar modo quella clinica. Nel frattempo l’azienda era diventata Gsk e io davo un’occhiata alle job opportunities, visto che ero un contratto temporaneo e volevo migliorare il mio status».
Più facile a dirsi che a farsi...
«Mi sono candidata al future leaders programme, la selezione per aspiranti leader. Tra i requisiti richiesti, laurea con il massimo dei voti, poca esperienza professionale, preparazione tecnica e carattere forte. L’obiettivo del programma è portare i segreti della teoria nella produzione».
In pratica, un talent show aziendale..
«Non è affatto uno show, è un programma fondamentale per dare corpo alle strategie di inclusione di Gsk. Per un anno ho fatto da supervisore in produzione, mesi di esperienza internazionale su progetti di qualità nel principale polo produttivo in Belgio di Gsk. E da settembre guido un team di 40 persone, responsabile di produzione in due reparti. Seguo il nostro prodotto di punta, il vaccino antimeningite Bexsero. La mia competenza di ingegnere mi ha consentito di raggiungere un ruolo di vertice».
Qual è il messaggio della sua storia professionale?
«Nelle aziende che applicano politiche di inclusione efficaci, come Gsk, il genere è neutro, non è né un plus, né un minus. Il sesso non è importante nel curriculum, se c’è il talento. E per emergere contano competenza e carattere. Le quote rosa sono una discriminazione di partenza».
In che dosi? Quale fattore prevale nella scelta?
«Serve un mix di entrambi. A me è servita sia la competenza acquisita in questo sito che ha più di 100 anni di vita, sia il mio carattere. Il talento poi è lievitato grazie a una multinazionale che ti dà tante opportunità se riesci a coglierle».
Il mondo degli ingegneri chimici è maschilista per vocazione...
«Te lo dicono dall’università, soprattutto per il settore petrolchimico, che ha a che fare con l’Oriente e con tutte le implicazioni nei Paesi arabi. Lì il genere è discriminante, le donne partono con un piede indietro. Ma a me piacciono le sfide, dove c’è l’impossibile io vedo il possibile».