
’Àitason’, la vite abbraccia l’arte L’opera a Palazzo Chigi Zondadari
Come se fosse un abbraccio, una grande vite si intreccia ricoprendo Palazzo Chigi Zondadari. Si intitola ’Àitason’ ed è l’opera con la quale Paolo William Tamburella ha trasformato la corte e i saloni che si affacciano su Piazza del Campo in un luogo ancora più magico, dove la bellezza della natura si intreccia a quella dello storico palazzo senese, sede della Fondazione Palazzo Chigi Zondadari, che inaugura così la seconda edizione di Cortemporanea, aperta al pubblico da martedì 6 giugno fino al 5 novembre. Ma già da oggi dalle 18 l’opera di Tamburella sarà presentata nel corso di una serata riservata però a invito.
"La seconda edizione di Cortemporanea – afferma Flavio Misciattelli, presidente della Fondazione – segna un passaggio fondamentale, rispetto alla prima che si svolgeva interamente nella corte. Adesso, infatti, entriamo in casa, lasciando che l’arte contemporanea dialoghi in modo permanente con la collezione del Palazzo. Un incontro tra presente e passato, in cui le suggestioni reciproche possono diventare un’occasione di stimolo e conoscenza".
"L’opera prende il nome da una parola di origine etrusca – spiega Tamburella – che descrive la coltivazione della vite sugli alberi. Una tecnica anche conosciuta come ‘vite maritata’, per il legame stretto che si crea tra la vite e l’albero attorno al quale si avviluppa per sostenersi. In questo caso, invece, è come se sposasse il palazzo". Un’installazione scultorea, realizzata con un intreccio di viti provenienti dalla Toscana e dalla Francia, che da un vaso si sviluppa attraversando la corte e le pareti fino a proiettarsi nello spazio esterno, in una moltitudine di rami che si espande attorno a finestre, balconi e opere della collezione di Palazzo Chigi Zondadari, mettendo in relazione la forza delle architetture settecentesche con quella della natura.
"L’installazione scultorea di Paolo William Tamburella diventa un’opera d’arte unica – aggiunge la curatrice Valentina Bruschi, nel suo saggio per il catalogo – in cui l’intreccio di viti, dalle dimensioni sorprendenti, innestato nell’architettura settecentesca del palazzo, sembra celebrarne la magnificenza in un elogio dei secoli trascorsi e del tempo che vede l’elemento naturale porsi in simbiosi con la dimora, come se l’avesse abitata da sempre".
Riccardo Bruni