MAURIZIO BOLDRINI
Cronaca

Addio a Quercini, senese del Nicchio e segretario del Pci toscano

Giulio Quercini, senese di nascita e contradaiolo del Nicchio, ha vissuto una vita giovanile tutta senese, dedicandosi alla musica classica e al jazz. Dopo il diploma, ha scelto la strada del 'rivoluzionario di professione' diventando segretario del Pci toscano fino al 1987. Una figura di grande cultura e passione, che ha saputo unire l'amore per la sua contrada e l'impegno politico.

Addio a Quercini, senese del Nicchio e segretario del Pci toscano
Addio a Quercini, senese del Nicchio e segretario del Pci toscano

Giulio Quercini, senese di nascita e contradaiolo del Nicchio, aveva molti amici anche qui, a Siena, dove si era diplomato al Liceo classico Enea Silvio Piccolomini. La sua vita giovanile fu, perciò, tutta senese, insieme ai suoi coetanei Ranieri Carli, Stefano Chieffi, Francesco Campani e Paolo Chionio nella cui vasta e ombrosa casa della zia, fuori Porta Romana, trascorreva lunghe serate a far scorrere i pesanti trentatré giri di jazz (i ’Ragazzi scimmia del jazz’ di cui canta Paolo Conte) e molta, molta musica classica. Sarà un wagneriano convinto per tutta la vita e in più di una occasione l’ho sentito polemizzare aspramente con i verdiani. Mi trascinò, nei miei anni trascorsi nella sua segreteria regionale del Pci, al Comunale per ascoltare la ’ trilogia’ di Wagner con la regia di Luca Ronconi e la direzione di Zubin Metha: ressi solo la prima serata, sette- otto ore di seguito, e poi mollai la presa.

Quest’abbandono me lo rimproverò, ridendo, da vero signore quale era, molte volte negli anni a seguire. Eravamo negli anni Ottanta: era diventato segretario del Pci toscano da poco e avrebbe retto quell’incarico fino al 1987. Con lui, prima come giornalista che seguiva il Consiglio regionale, e poi chiamato a far parte della sua segreteria come responsabile dell’informazione e della propaganda, ebbi modo di lavorare e di discuterci. Amava discutere ed era l’esatto opposto dei funzionari grigi che, ancora numerosi, si aggiravano per quelle stanze comuniste. Era arrivato a Firenze presto, subito dopo il diploma, scegliendo la strada del ’rivoluzionario di professione’; (così amavano definirsi i funzionari del Pci) e vi è restato tutta la vita. Scegliendo infine la serena Fiesole. Salvo un salto a Catania, dove fu chiamato da Partito nazionale a raccogliere i pezzi della grande sconfitta del 1972.

Come dirigente, teneva all’unità ma non a costo di scomuniche o abiure e amava circondarsi di persone colte, di capire la vera missione del partito ma senza esser faziosamente di parte.

Insomma l’esatto inverso della sua passione sviscerata per la sua contrada natia: sentir narrare delle polemiche anche delle zuffe avendo paraocchi. Sempre accanto a lui, poi, nell’epica festa nazionale dell’Unità di Tirrenia: era il settembre del 1982. Per realizzarla un manipolo di ’eroi delle feste’ (razza ormai estinta), guidati dal segretario pisano Luciano Ghelli, aveva in piena estate ripulito 28 ettari di macchia, tirato a lustro gli ex stabilimenti cinematografici Cosmopolitan, murato ben 291 bagni. Giorni caldi, pieni di popolo per il concerto dei Genesis e il comizio finale di Enrico Berlinguer. Erano bei giorni, quelli. Erano altri giorni, come sapeva bene Giulio Quercini.