ALINA LOMBARDO
Cronaca

Realtà virtuale nella psicoterapia. Visori, sensori e software per la cura dei disturbi mentali

Sarzana, l’esperienza di Hilary Locorotondo chiude l’originale ciclo di incontri promosso dalla Consulta giovani

Hilary Locorotondo è psicologa, docente e psicoterapeuta in formazione alla Scuola di specializzazione ad approccio analitico transazionale performat di Pisa, professionista certificata per l’utilizzo della realtà virtuale nella pratica clinica

Hilary Locorotondo è psicologa, docente e psicoterapeuta in formazione alla Scuola di specializzazione ad approccio analitico transazionale performat di Pisa, professionista certificata per l’utilizzo della realtà virtuale nella pratica clinica

Sarzana, 29 maggio 2025 – Realtà virtuale e psicoterapia. L’accoppiamento può apparire strano. Da qualche anno, invece, visori, sensori e software che ricreano ambienti immersivi si stanno diffondendo come strumenti rivoluzionari negli studi degli psicoterapeuti, offrendo nuove metodologie per il trattamento di disturbi mentali. L’applicazione della realtà virtuale in psicoterapia si basa infatti sull’immersione del paziente in ambienti virtuali controllati, che permettono ai terapeuti di simulare situazioni specifiche correlate ai disturbi trattati in modo sicuro. A praticarla a Sarzana è Hilary Locorotondo, psicologa, docente e psicoterapeuta in formazione alla Scuola di specializzazione ad approccio analitico transazionale performat di Pisa, professionista certificata (BecomeHub-2023) per l’utilizzo della realtà virtuale nella pratica clinica. Sarà lei, venerdì alle 18 nella sala consiliare, a chiudere il ciclo di incontri della prima edizione del Festival della salute mentale ideato e organizzato da Eleonora Ebainetti, vicepresidente della Consulta Giovani di Sarzana.

Sei conferenze a ingresso libero e interattive, iniziate il 26 aprile, dal titolo evocativo ’Vieni a vedere perché’ e dedicate alla sfera psichica. Locorotondo racconterà la sua esperienza in un ambito della psicoterapia su cui c’è ancora molto da scoprire ma sulla cui efficacia non ha dubbi.

«La pratico con i miei pazienti. Quando la propongo - dice - spiego bene di cosa si tratta, che non parliamo di fantascienza ma che tutto quello che utilizzo ha già alle spalle una qualificata letteratura scientifica. Poi dichiaro qual è l’obiettivo che voglio raggiungere e scelgo dal software, che contiene diverse esperienze immersive, quella più appropriata al caso».

«L’esperienza - prosegue - dura 10 minuti. È una situazione protetta in cui il paziente si sente al sicuro perché sa di non essere solo ma di avermi al suo fianco anche se non mi vede. Alla fine, tolgo il visore ed esploriamo insieme come ha vissuto l’esperienza». E c’è da immaginare che le reazioni siano le più diverse. «È così. C’è chi individua una barriera emotiva e riesce ad andare oltre; chi vede il viaggio della propria vita; chi si commuove o si spaventa perché magari qualcosa nell’ambientazione gli ha creato ansia. In ogni caso c’è sempre un aspetto molto importante che emerge. È la comunicazione non verbale. Perché durante l’esperienza immersiva io osservo le reazioni del corpo, le espressioni del viso, i movimenti delle mani o delle braccia, gli irrigidimenti o i rilassamenti. Tutti aspetti che sono un utile supporto al percorso psicoterapeutico».

Sebbene sia relativamente recente, l’utilizzo della realtà virtuale in psicoterapia sta mostrando risultati promettenti nel trattamento delle fobie, dell’ansia, dei disturbi post traumatici da stress (Ptsd). «Esistono sul territorio nazionale - commenta Locorotondo - delle app che trattano le fobie con successo. Ma non è il mio ambito. Io lavoro con gli Ptsd e vedo che l’esperienza immersiva aiuta a costruire la narrazione là dove è stata interrotta da un trauma. Ma ci sono anche altri ambiti d’impiego molto interessanti. Su Padova e diversi altri luoghi, per esempio, sono presenti progetti di realtà virtuale nei reparti oncologici al fine di alleviare i disturbi psicofisici cronici, di distrarre il paziente allontanandolo momentaneamente dalla difficoltà del momento e alleviando il dolore. Per me, molto ricca, educativa ed efficace è l’esperienza con la neurodivergenza, soprattutto con giovani adulti nello spettro autistico ad alto funzionamento e con disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). In questi casi la realtà virtuale mi è stata di grande supporto, perché mi ha aiutata a creare un canale di comunicazione fondamentale per la terapia».